Il CommentoPersonale

Semplificazioni, ora lo Stato può imporre alle Regioni prestazioni standard per tutti

di Pierluigi Mantini

Renato Brunetta non sarà, secondo i timori del sindacato, il ministro dei conflitti per via della «lotta ai fannulloni».

I tempi sono cambiati. Lo smart working ha posto nuovi problemi, l'aumento della produttività richiede soluzioni condivise per aumentare di molto negli uffici pubblici l'uso delle tecnologie informatiche, la formazione, il ricambio generazionale. Su questi temi c'è ampia intesa e un lavoro da fare.

Ma ci sono alcuni obiettivi, cinque risultati, che possono essere conseguiti subito per accelerare il cammino della semplificazione amministrativa essenziale per l'attuazione del recovery plan italiano.

Il primo è quello di governare le semplificazioni attraverso le leggi nazionali, superando il rischio di perdersi nei labirinti delle normative regionali e locali in tema di procedimenti amministrativi, poiché le “materie del recovery plan” sono largamente di competenza legislativa “concorrente”. Ora è possibile farlo poiché, anche se pochi lo hanno notato, con la legge di semplificazione di settembre, tra le migliori del governo Conte 2, i principi dell'azione amministrativa (termini, responsabilità, moduli organizzativi, doveri dei funzionari e diritti dei cittadini) sono diventati l.e.p. ossia “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, ai sensi della Costituzione. Certo sarà utile promuovere intese nella conferenza stato-regioni sulle materie del recovery plan ma per i modi, le procedure, le responsabilità, il cronoprogramma, le semplificazioni amministrative necessarie, ora governo e parlamento possono decidere.

Il secondo obiettivo a portata di mano è proprio quello dell'attuazione delle semplificazioni già vigenti ma “rimaste sulla carta”. Come noto, non bastano le norme per i veri cambiamenti.

Prendiamo quelle che affermano il principio secondo cui le amministrazioni non possono richiedere ai cittadini e alle imprese i documenti, i certificati, gli atti che già sono in loro possesso o in possesso di altre amministrazioni. Una norma interpretata in modo restrittivo, parziale, illegittimo, sostanzialmente inattuata. Eppure stiamo parlando di milioni di atti e documenti che non dovrebbero essere richiesti proprio ed invece costituiscono una vera croce per imprese, professionisti, commercianti, comuni cittadini. È sufficiente che il ministro Brunetta rafforzi e chiarisca questo principio, lo faccia diventare realtà per determinare un cambiamento fortissimo nella vita di tutti i giorni.

Il terzo obiettivo a portata di mano è quello di chiarire ed attuare il principio per cui gli edifici esistenti delle nostre città, su cui si interviene per la rigenerazione urbana e l'efficienza sismica ed energetica, anche con il superbonus, sono da considerare legittimi, “innocenti”, fino a prova contraria. Non serve far impazzire professionisti, cittadini, investitori, pretendendo di ricostruire la storia, complicatissima, della “conformità urbanistica” degli immobili esistenti: se non vi sono condoni pendenti o sanzioni per abusi gravi, l'edificio si presume legittimo.

Applicando questo principio nella ricostruzione dell'Italia centrale dal sisma 2016, in meno di un anno abbiamo ridotto le istruttorie da una media di sedici mesi a cinquanta giorni. È un fatto.

Un quarto obiettivo di semplificazione, già scritto nelle leggi ma inattuato, è quello della riduzione e qualificazione dell'enorme numero delle stazioni appaltanti (oltre 36 mila!) che è causa di ritardi, criticità, opacità. È appena il caso di notare che gran parte delle azioni del recovery plan sono da attuarsi attraverso appalti di lavori, servizi e forniture nella sanità, nella transizione ecologica, nelle infrastrutture, nella rigenerazione urbana. La principale cura è costituita da competenza professionale, piattaforme digitali, stazioni appaltanti efficienti. Il codice già prevede questa azione di riduzione e qualificazione ma è un punto inattuato, è stato “sospeso”. Il ministro Giovannini conosce bene questi problemi.

Il quinto e sostanziale obiettivo che è possibile in breve cogliere lungo la strada della semplificazione è quello di liberare la burocrazia italiana dalla pandemica “paura della firma”, o “fuga dalle responsabilità”, che intralcia gravemente l'efficienza.

I tempi sono ben maturi per affermare, come si è iniziato con norme recenti, che la responsabilità disciplinare e giuridica per i funzionari deriva dal “non fare” e non “dal fare”. Devono essere sanzionati meglio i ritardi dei responsabili unici dei procedimenti, i casi in cui si richiedono cose non dovute o si negano diritti dei cittadini. Ed occorre liberarsi di quella norma del 1865 che consente al giudice penale di “disapplicare” gli atti dell'autorità amministrativa, senza avere alcuna competenza su materie su cui già esiste il giudice amministrativo. Due sono troppi.