Fisco e contabilità

Servizi a rete, lo stop al canone unico costa almeno 150 milioni ai Comuni

In legge di bilancio tentativo ulteriore di applicare il forfait alle occupazioni funzionali

di Pasquale Mirto

Si moltiplicano i tentativi di azzerare il prelievo sulle occupazioni permanenti con cavi e condutture. La nuova norma inserita nel decreto fiscale (Nt+ Enti locali & edilizia del 2 dicembre) segue quella già messa a segno con le antenne, per le quali il Dl 77/2021 ha introdotto il canone fisso di 800 euro, a prescindere dalla superficie occupata, senza prevedere alcuna compensazione per i Comuni.

Il nuovo correttivo è destinato a incidere pesantemente sui bilanci comunali, perché qui la perdita di gettito è stimabile in 130-150 milioni annui, almeno considerando le entrate 2021 di alcuni capoluoghi. Sulla stessa questione si registra la risposta all’interrogazione in Commissione Finanze del 21 settembre, in cui il Mef ha precisato che i titolari di contratti di somministrazione dei servizi di pubblica utilità nei confronti dei consumatori finali sono soggetti al canone unico in quanto «occupano il suolo pubblico in via mediata e sono titolari delle utenze in base al quale deve essere calcolato il canone».

Fallita la strada dell’interpretazione ministeriale, si è passati agli emendamenti. Il correttivo approvato al Dl 146/2021 esclude dal canone i titolari dei contratti di somministrazione nei confronti dei consumatori finali, benchè l’erogazione avvenga tramite le reti del concessionario del sottosuolo. Un altro correttivo esenta i venditori di energia elettrica e gas, ma è previsto un contributo per i Comuni di 5 milioni per il 2021 e 2022. Una somma irrisoria rispetto alla perdita.

Anche sul fronte della legge di bilancio 2022 si registra l’emendamento 5.92, che propone una norma di interpretazione autentica con gli stessi effetti. L’emendamento prevede che i soggetti che erogano i servizi alla clientela finale non debbano corrispondere il canone unico, in quanto non si configura «alcuna occupazione mediata e alcun utilizzo materiale delle infrastrutture da parte delle società di vendita». Il canone dovrebbe essere pagato solo dal titolare dell’atto di concessione delle infrastrutture, ma sulla base delle utenze delle società di vendita, sebbene non si comprende come possa il Comune imputare al concessionario un eventuale omessa comunicazione del numero delle utenze finali.

Ancor più criptica è la seconda parte dell'emendamento 5.92, con la quale si precisa che per occupazioni con impianti direttamente funzionali all’erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di pubblica utilità. Per queste occupazioni sarebbe dovuto un canone fisso di 800 euro. La formulazione potrebbe mirare ad intercettare le sentenze di Cassazione che hanno ritenuto applicabile, per queste occupazioni, il regime ordinario e non quello forfettario sulla base degli utenti (sentenza 23257/2020). Ma potrebbe portare anche a ritenere che qualsiasi occupazione funzionale all’erogazione dei servizi di rete sia soggetta al canone fisso di 800 euro, e quindi che il concessionario, non avendo clienti finali ed effettuando un'occupazione funzionale, sia sempre tenuto al pagamento del solo canone di 800 euro.

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