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Sicurezza in cantiere, il subappaltatore non risponde del rischio da interferenze solo se opera in autonomia

Diversamente deve cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione con tutti gli altri datori di lavoro, ribadisce la Corte di Cassazione Penale

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di Massimo Frontera

Il titolare del subappalto o il prestatore d'opera non risponde del rischio interferenziale non valutato solo se lavora in totale autonomia rispetto alle attività del cantiere comune. Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione Penale nella recente pronuncia n.38357/2022 depositata il 12 ottobre scorso.

La controversia è sorta a seguito di accertamenti per verificare le condizioni di sicurezza in un cantiere dove il ricorrente era coinvolto come amministratore di una ditta esecutrice con l'incarico di installare un impianto di riscaldamento. L'interessato è stato condannato dal tribunale di Milano perché non ha provveduto a attuare misure di sicurezza in cantiere (nel caso specifico è stata contestata la mancata installazione di elementi per evitare la caduta accidentale nelle aperture dei solai). Nel ricorso in Cassazione l'interessato ha sostenuto che la sua attività in cantiere fosse esclusivamente di tipo impiantistico e che non comportava opere murarie. Di conseguenza, l'interessato si considerava tenuto al rispetto della sola normativa generale sulla prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro e non vincolato alla responsabilità congiunta di tutti i datori di lavoro coinvolti a diverso titolo nel cantiere.

I giudici della Corte di Cassazione ricordano invece che, in base alla legge (articolo 26, comma 2 del Dlgs 81), «i datori di lavoro, ivi compresi i subappaltatori, cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei rischi sul lavoro, coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi per i lavoratori informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'opera complessiva». Soffermandosi in particolare sul rischio da interferenze, i giudici sottolineano che «occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori, e non alla mera qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che cooperano tra loro - vale a dire contratto d'appalto o opera di somministrazione - in quanto la "ratio" della norma è quella di obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi interferenziali attivando percorsi condivisi di informazione e cooperazione nonché soluzioni comuni di problematiche complesse».

I giudici contestano la presunta autonomia dell'attività impiantistica svolta dall'impresa, ricordando che «in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltatore è esonerato dagli obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto ai compiti del subappaltatore». Situazione che, nel caso specifico, non si verifica in quanto «la ditta del ricorrente avrebbe dovuto montare l'impianto di riscaldamento e di condizionamento nell'immobile in oggetto, conseguentemente era tenuta a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione, onde evitare i rischi ai propri lavoratori nel cantiere».

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