Il CommentoPersonale

Smart working, necessario un regolamento con e senza piano organizzativo

Uno strumento specifico, strettamente interconnesso - al punto da farne parte - al Piano della performance

di Consuelo Ziggiotto e Davide d'Alfonso

Due sono le possibili strade per lo smart working del futuro, a seconda che l'amministrazione scelga di adottare o meno il Piano organizzativo del lavoro agile. Il Pola trova la sua genesi nella norma introduttiva dello smart working nella Pa, in particolare nell'articolo 14 della legge 124/2015, modificato in sede di conversione in legge del decreto Rilancio. Il nuovo articolo 14 della legge 124/2015 descrive il Pola come una sorta di arricchimento del Piano della performance, una sezione nella quale individuare «le modalità attuative del lavoro agile» nonché «le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale», focalizzando «gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti». Il tutto assume a obiettivo il miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, l'implementazione della digitalizzazione dei processi, e la verifica della qualità dei servizi erogati.

Si aggiunge inoltre che la quota di dipendenti destinati ad attività «smartizzabili» deve potersi avvalere del lavoro agile senza subire alcun pregiudizio ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.

I passi da compiere sono questi: l'amministrazione, «sentiti i sindacati», si dota di uno strumento specifico, strettamente interconnesso - al punto da farne parte - al Piano della performance secondo l'articolo 10 del Dlgs 150/2009, unitamente al quale potrà essere adottato ogni anno entro il 31 gennaio e nel quale vanno rubricati sostanzialmente tre profili.

Da un lato le scelte organizzative (o forse si dovrebbe dire ri-organizzative) che intende compiere l'ente per valorizzare lo strumento del lavoro agile; dall'altro i percorsi di formazione del personale sul tema e i requisiti tecnologici correlati alla sua attuazione; infine le misure di integrazione, di adattamento, apportate al sistema della performance per meglio verificare, anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini, i risultati conseguiti e l'incremento della qualità dei servizi erogati.

La norma apre a «praterie» interpretative quanto ai contenuti del piano, che appare, peraltro, facoltativo. Essa infatti chiude precisando che in caso di mancata adozione del Pola il lavoro agile si applica almeno al 30 per cento dei dipendenti, «ove lo richiedano». Attuazione dell'istituto meno strutturata, quest'ultima, nella quale le amministrazioni dovranno proseguire il lavoro agile avviato in emergenza tenendo conto solo di un limite quantitativo minimo di beneficiari da «accontentare».

Emerge una differenza quantitativa, allora, laddove in caso di adozione del Pola che si configura evidentemente come una scelta di campo favorevole all'istituto, l'amministrazione deve garantire che almeno il 60 per cento dei dipendenti destinati ad attività compatibili «possa» avvalersi della modalità agile.

Vi sono, però, implicazioni comuni alle due ipotesi.

Innanzitutto, se nessun dipendente ne facesse richiesta, parrebbe che la percentuale possa restare in entrambe i casi a zero. Questo almeno a partire dal 1° gennaio del 2021, momento dal quale cessa di esplicare i suoi effetti la previsione contenuta all'articolo 263 del decreto Rilancio che vuole applicato fino a fine anno il lavoro agile semplificato (senza accordo e senza obblighi informativi) al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità.

Il futuro del lavoro agile, fortemente «sponsorizzato» nelle sue benefiche ricadute dal Ministro in prima persona, poggia sulla consapevolezza (o sulla speranza) che larga parte dei dipendenti pubblici siano determinati a fruirne.

Lo smart working del futuro post emergenziale, inoltre, tornerà in ogni caso a essere assoggettato agli obblighi di stipula dell'accordo individuale e di comunicazione della legge 81/2017, oggi derogati.

Infine, si ravvisa comunque la necessità di regolamentare lo strumento. Ciascuna amministrazione, che adotti o meno il Piano, dovrà in ogni caso normare l'attuazione dello smart working con riferimento alla definizione degli ambiti agilmente lavorabili, alle modalità e ai tempi di richiesta di fruizione dell'istituto da parte del personale, ai criteri di alternanza o di preferenza in caso di richieste superiori a quelle accoglibili. Non ultimo, nella gestione del rapporto di lavoro individuale, alla regolazione delle fasce di contattabilità, all'individuazione degli istituti contrattuali applicabili, all'eventuale disciplina del buono pasto.