Amministratori

Società pubbliche, le perdite del 2020 non fermano l’aumento

I conti dell’anno scorso escono dal triennio di rosso che blocca la ricapitalizzazione

di Stefano Pozzoli

Il tema della gestione delle perdite delle società pubbliche, oggi più che mai, è al centro dell’attenzione degli operatori. Ad oggi, però, la strada prescelta non è quella di rivedere le disposizioni di finanza pubblica nel loro complesso ma solo la sterilizzazione temporanea di alcune.

L’esercizio 2020, con l’approvazione definitiva del Dl 77/2021, «non si computa nel calcolo del triennio ai fini dell'applicazione dell'articolo 14, comma 5, né ai fini dell'applicazione dell’articolo 21» del Testo unico sulle società pubbliche. In sostanza, fermo che è comunque necessario procedere, se del caso, all’approvazione di piano di risanamento dell’impresa pubblica a rischio di crisi, non sarà il bilancio 2020 a far sorgere il divieto di «sottoscrivere aumenti di capitale (…) delle società partecipate (…) che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società (…), purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti (…) che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni». La semplificazione, in questa eventualità di un 2020 “determinante”, è quindi evidente.

L’articolo 21, invece, impatta più direttamente sul bilancio dell’ente locale, perché prevede che «le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione». È chiaro che esonerare i Comuni da questo accantonamento è estremamente rilevante, tanto più in un momento di scarsità di risorse ed in un contesto in cui le disposizioni civilistiche sono assai più clementi di quelle del Testo unico.

L’articolo 21, va detto, è tuttora fonte di incertezza, perché è mal scritto: cosa vuol dire, in concreto, «non immediatamente ripianato»? Difficile credere, come propendono gli orientamenti prevalenti, che basti una ripiano contabile della perdita con riduzione delle riserve, visto che questo non comporta certo una stabilità del valore patrimoniale della società.
Sul tema del Fondo, ancorché toccando un aspetto diverso, è tornata di recente anche la Corte dei conti, Sezione di controllo per la Basilicata, nella deliberazione n. 61/2021, contestando a un Comune il mancato accantonamento, che viene dall'ente giustificato dalla esiguità della partecipazione. Per contro, per la Sezione «la ridotta entità della partecipazione non è elemento che esime l'ente locale dalla costituzione del fondo».
Infatti, «la tassatività delle prescrizioni del d.lgs. n. 175/2016 ha una funzione di salvaguardia degli equilibri di bilancio e non consente scelte metodologiche differenti, in considerazione del fatto che il fondo è garanzia di contenimento dei rischi connessi ad avvenimenti pregiudizievoli afferenti alla gestione del soggetto partecipato e che inevitabilmente possono incidere negativamente sugli equilibri di bilancio dell'ente partecipante».
«A tale riguardo, la Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 4/2015/INPR, (…), ha evidenziato l'importanza di detto accantonamento al fine di salvaguardare gli equilibri presenti e futuri del bilancio e di verificare l'effettiva ricaduta delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti proprietari nell'ottica "della progressiva responsabilizzazione gestionale degli Enti soci, mediante una stringente correlazione tra le dinamiche economico-finanziarie degli organismi partecipati e quelle dei soci-affidanti"».

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