Spa pubbliche, la sostituzione dell'amministratore unico con un Cda va ben ponderata
La Corte dei Conti per l'Abruzzo precisa che l'opzione va accompagnata da attente valutazioni e motivazioni
La gestione mediante un consiglio di amministrazione che sostituisce l'amministratore unico richiede una specifica e analitica valutazione dell'economicità e dell'efficienza del sistema di governo della società a controllo pubblico. Con la deliberazione n.194/2023 la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per l'Abruzzo chiarisce che l'opzione a favore dell'organo collegiale deve essere accompagnata da attente valutazioni e motivazioni circa le specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e le esigenze di contenimento dei costi della struttura. La disciplina di riferimento, contenuta all'articolo 11 Tusp, stabilisce che l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico sia di norma costituito da un amministratore unico. L'assemblea tuttavia, con propria delibera motivata con riguardo a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri, ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dai paragrafi 5 e 6 della sezione VI-bis del capo V del titolo V del libro V del codice civile.
Non rispondono dunque al dettato normativo, a parere della Corte, generiche motivazioni legate al particolare contesto storico, caratterizzato da criticità geopolitiche e dalla gestione di gravi emergenze quali la pandemia di Covid-l9 ed alla conseguente necessità di stabilità economica, che sarebbe assicurata, secondo l'ente, dalla diversa compagine amministrativa, cui sono riferibili gli utili di esercizio, il fatturato e gli investimenti, la diminuzione del costo del personale ed il processo di efficientamento del servizio clienti e di miglioramento della gestione delle relazioni con il cittadino. Il consiglio di amministrazione, sostiene il comune, ha operato scelte importanti, mettendo al riparo i conti e di fatto garantendo una governance di equilibrio, offrendo risposte quotidiane ai sindaci e soprattutto ai loro territori. Pesano sulla bilancia inoltre, sempre secondo il comune, la specifica esperienza settoriale maturata dai singoli consiglieri e la grande estensione territoriale che richiede una governance esperta e collaudata composta da persone di buona conoscenza delle problematiche e delle possibili soluzioni di tutto iI territorio provinciale, di cui i tre membri sono espressione.
Nel merito, la Corte osserva che le specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa devono rivestire un carattere oggettivo e, conformemente all'indirizzo precedentemente espresso (delib. n.183/2021/VSG), possono essere correttamente valutate in ragione del totale del valore della produzione (somma delle voci 1, 2, 3, 4 e 5 della lettera "A" dell'art. 2425, primo comma, cod. civ.) e del numero dei dipendenti occupati alle dipendenze della società. La censura dei magistrati interviene infine sulla mancata specifica indicazione nello statuto dell'obbligo di scelta dei componenti del consiglio di amministrazione nel rispetto dei criteri stabiliti dalla L120/11, come previsto dall'articolo 11, comma 4, Tusp e sul mancato rispetto dell'obbligo di trasparenza disposto dagli articoli 22 Tusp e 8 e 13 Dlgs 33/2013.