Spese di rappresentanza, illegittime se per commemorare ex dipendenti
Fuori anche l'acquisto di generi di conforto in occasione di riunioni della giunta o del consiglio comunale
Non possono essere considerate legittime le spese di rappresentanza destinate a dipendenti ed ex dipendenti collocati in quiescenza così come l'acquisto di generi di conforto in occasione di riunioni della giunta o del consiglio comunale.
Sono questi alcuni dei contenuti principali della deliberazione n. 6/2021 della Sezione della Lombardia della Corte dei conti che, partendo dal prospetto da allegare al rendiconto, ha esaminato anche il regolamento delle spese di rappresentanza, fornendo utili spunti su una fattispecie che, sovente, si presenta spinosa per gli enti locali.
Da tempo la magistratura contabile ha individuato i canoni che devono caratterizzare, per renderle pienamente, legittime le spese di rappresentanza, finalizzate ad accrescere il prestigio e la reputazione della singola pubblica amministrazione verso l'esterno. Esse devono dunque rivestire il carattere dell'inerenza, risultando strettamente connesse con il fine di mantenere o accrescere il ruolo, il decoro e il prestigio dell'ente medesimo, nonché possedere il crisma dell'ufficialita, corrispondendo a manifestazioni della pubblica amministrazione idonee ad attrarre l'attenzione di ambienti qualificati o dei cittadini amministrati al fine di ricavare i vantaggi correlati alla conoscenza dell'attività amministrativa. Deve, in aggiunta, essere individuato l'elemento (duplice) della sobrietà e della congruita, sia rispetto al singolo evento finanziato, sia rispetto alle dimensioni e ai vincoli di bilancio dell'ente locale che le sostiene.
Nell'ambito delle linee guida finalizzate all'analisi del prospetto delle spese di rappresentanza, poi, erano stato forniti ulteriori e importanti criteri, legati all'esigenza di definire, nell'ambito della programmazione di bilancio, apposito capitolo, di escludere la legittimità di spese destinate a beneficio dei dipendenti o amministratori appartenenti all'ente che le dispongono nonché di individuare spese congrue rispetto sia ai valori economici di mercato sia rispetto alle finalità per le quali la spesa è erogata.
Partendo da questi tali principi, inoltre, è stato sancito che non possono ritenersi legittime le spese che riguardano, tra l'altro: 1) gli atti di mera liberalita; 2) le spese di ospitalità effettuate in occasione di visite di soggetti in veste informale o non ufficiale; 3) l'acquisto di generi di conforto in occasione di riunioni della giunta o del consiglio comunale; 4) omaggi, pranzi o rinfreschi offerti ad amministratori o dipendenti; 5) ospitalita e/o pasti a favore di fornitori dell'ente o di soggetti legati all'ente da rapporti di tipo professionale o commerciale (affidatari di incarichi, consulenze, collaborazioni eccetera); 6) spese connesse con l'attività politica volte a promuovere l'immagine degli amministratori e non l'attivita o i servizi offerti alla cittadinanza.
Quindi, la Corte censura anche alcune disposizioni regolamentari, precisando che il criterio di base per determinare se la spesa per un pranzo (o, in alcuni casi, per il servizio bar) possa essere correttamente ricondotta a una spesa di rappresentanza è quello di individuare i destinatari. In questo quadro, non possono essere considerate spese di rappresentanza i pranzi tra autorità in veste istituzionale, a meno che non si tratti di spesa connessa o inerente a un incontro, debitamente documentato, avente risonanza e importanza pubblica con effetti sul prestigio dell'ente.
Inoltre, non sono condivise le previsioni relative a possibili spese per onoranze funebri in caso di morte di amministratori e personale dipendente così come per medaglie e attestati offerti al proprio personale collocato a riposo, dal momento che, soprattutto queste ultime, non perseguono finalità rappresentative verso l'esterno.
Rispetto ai gemellaggi, infine, è chiarito che le spese, ancorché ammissibili in astratto, per ritenersi pienamente legittime devono essere giustificate: a) dalla stretta correlazione con le finalità istituzionali; b) dalla sussistenza di elementi che richiedano una proiezione esterna delle attività dell'ente per il migliore perseguimento dei propri fini istituzionali; c) dalla rigorosa motivazione circa lo specifico interesse istituzionale perseguito; d) dalla dimostrazione del rapporto tra l'attività dell'ente e la spesa erogata; d) dalla qualificazione del soggetto destinatario della spesa e dalla rispondenza a criteri di ragionevolezza e di congruità rispetto ai fini.