Fisco e contabilità

Sul fondone Covid cortocircuito fra certificazione e bilancio

La legge di bilancio concede un anno in più alle amministrazioni per utilizzare i residui del fondone

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di Daniela Ghiandoni e Elena Masini

Il susseguirsi di novità connesse alla certificazione e all'utilizzo del fondo per le funzioni fondamentali sta agitando – e non poco - le acque già mosse dei servizi finanziari. Se fino a qualche settimana fa era in dubbio la possibilità di utilizzare queste risorse per le maggiori spese, dopo la pubblicazione del decreto del 3 novembre 2020 è partita la corsa sfrenata degli enti ad impegnare le somme residue per evitare il rischio di restituzione. Poi un nuovo altolà. Perché il disegno di legge di bilancio 2021 approvato dal governo (articolo 154) concede un anno in più alle amministrazioni per utilizzare i residui del fondone. Così gli enti possono tirare un sospiro di sollievo e programmare con più calma gli interventi necessari a fronteggiare l'emergenza Covid, guardando con maggiore serenità a un 2021 che si preannuncia del tutto in salita. Alla luce di questo nuovo cambio di scena, ora il problema è come gestire la variazione di bilancio destinata ad accogliere le somme assegnate dal ministero e preparare il terreno per l'applicazione dell'avanzo vincolato del fondo che nel prossimo anno potrà finanziare le esigenze di entrata e di spesa. Variazione che, come anticipato dal quotidiano in data 22 novembre 2020, potranno essere approvate dalla Giunta entro il 31 dicembre.

E qui tornano i problemi. Già perché la certificazione pensata dal ministero non è speculare al bilancio: la cassa mixata con la competenza, accertamenti 2020 messi a confronto con il 2019 per quantificare il maggiore o minore gettito, perdite da recupero evasione Imu che non vengono coperte dal fondo, agevolazioni Tari/Tcp che invece sono quantificate come minor gettito a prescindere dalle scelte degli enti; beni immateriali (come i software) non certificabili come maggiore spesa Covid, al pari dei rimborsi di tributi e delle tariffe. Bastano questi pochi esempi (ma la lista potrebbe continuare a lungo) per comprendere come la determinazione dell'avanzo vincolato che in base alla certificazione dovrà essere iscritto nel risultato di amministrazione del rendiconto 2020 potrebbe essere molto diversa dagli effettivi utilizzi del fondo disposti in bilancio. Ciò non solo per i motivi appena elencati, ma anche per via del fatto che gli enti potrebbero aver reimpiegato i risparmi di spesa Covid-19 per finanziare spese di altra natura, mentre la certificazione ne impone l'obbligatoria destinazione a copertura delle maggiori spese Covid-19. O ancora potrebbero aver finanziato le spese Covid con risorse proprie (risparmi mutui o avanzo).

Che fare quindi? Appare evidente come la cosa migliore sia:
compilare provvisoriamente la certificazione sulla base dei dati attesi per il 2020, al fine di quantificare l'importo dell'avanzo vincolato presunto da iscrivere nel risultato di amministrazione (comprensivo delle quote 2021 dei contratti pluriennali);
quantificare gli effettivi utilizzi disposti in bilancio delle risorse del fondo e dei ristori specifici (mediante variazioni o mediante iscrizioni nel bilancio approvato) per capire se l'eventuale avanzo è maggiore o minore rispetto a quello risultante dalla certificazione;
calcolare la differenza tra l'avanzo vincolato risultante dalla certificazione Covid e le maggiori entrate del fondo che residuano all'ente dopo averne disposto i vari utilizzi:
a) nel caso in cui l'avanzo della certificazione sia inferiore a quello dell'avanzo che risulta dalle somme effettivamente utilizzate in bilancio, la differenza porta ad evidenza un surplus di risorse potenzialmente libere. Questo pone però un problema di correlazione delle fonti di finanziamento. Fino a che punto è legittimo indicare nella certificazione maggiori spese finanziate con altre entrate, specie se queste hanno un proprio vincolo di destinazione, come nel caso dei risparmi dei mutui Mef? È indubbio come sia preferibile far coincidere – nei limiti del possibile - il risultato della certificazione con quello che si ricava dal bilancio, così da avere minori differenze da gestire a consuntivo. Anche perché appare evidente come, alla luce della possibilità di riutilizzare tali risorse nel 2021, è preferibile incrementare l'avanzo vincolato del fondone piuttosto che l'avanzo libero, non includendo in certificazione spese coperte da altre fonti di finanziamento. Questa soluzione appare di assoluto vantaggio per gli enti che si trovano in disavanzo di amministrazione, perché l'avanzo vincolato derivante dal fondo funzioni fondamentali potrà essere applicato al bilancio 2021 in deroga ai limiti di utilizzo previsti dalla legge 145/2018 (commi 897-898);
b) nel caso in cui l'avanzo della certificazione sia invece superiore a quello dell'avanzo che risulta dalle somme effettivamente utilizzate in bilancio, significa che l'ente ha utilizzato le somme del fondo per finalità non riconosciute e deve quindi ora ricostituire il vincolo per la restituzione. Ciò potrebbe mettere in evidenza un potenziale squilibrio non intercettabile fino a quando non si procede a compilare la certificazione.

Resta da capire come collocare in bilancio questo "avanzo" che si dovrà trasportare sul 2021. Molti enti, in questi mesi, hanno "iscritto" il surplus di entrate derivanti dal fondo funzioni fondamentali in un capitolo di accantonamento della missione 20, programma 03, in attesa di ri-destinazione con le modalità semplificate previste dall'articolo 176 del Tuel (delibera di giunta). Attenzione però che così facendo le risorse finiscono gioco forza in avanzo accantonato e non in avanzo vincolato, come prescrive la norma, con rischio di penalizzazione sugli equilibri di bilancio. È preferibile quindi allocare le somme destinate a confluire nel risultato di amministrazione dell'esercizio 2020 come fondi vincolati in base all'articolo 106 del Dl 34/2020 in un capitolo appartenente a missione diversa dalla 20 con codifica residuale (ad esempio U.1.10.99.99.999 - Altre spese correnti n.a.c.), oppure in un capitolo di trasferimenti o di qualsiasi altra voce di spesa rientrante nelle finalità che l'amministrazione ha individuato per il 2021 e che a fine esercizio non sarà impegnato. Ciò favorirà, peraltro, anche il raggiungimento dell'equilibrio n. 1 di competenza, parte corrente, introdotto dal decreto 1° agosto 2019.

Si può affermare, comunque, che l'esercizio 2021 si apre nell'assoluta incertezza e che non saranno di certo sufficienti gli eventuali fondi residuali trasportati dall'anno in corso per garantire il pareggio di bilancio. Gli enti locali attendono quindi lo stanziamento di risorse statali aggiuntive ai 450 milioni stanziati dalla legge di bilancio, per garantire gli equilibri del bilancio in corso di approvazione.

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