Urbanistica

Superbonus, rischio di sanzioni anche con la Cila semplificata

Il deposito di mappe non coincidenti con i documenti comunali non sana le irregolarità: L'Ente può intervenire

di Guglielmo Saporito

Basta una Cila per fruire del superbonus, perché è sufficiente descrivere i lavori che si intendono realizzare, senza ricostruire l'intera genealogia edilizia dell'edificio. Il legislatore, con il decreto legge 77/2021, ha reso più agevoli gli interventi, sollevando i tecnici dall'onere di ricostruire i passaggi delle varie autorizzazioni, licenze, permessi e concessioni dal settembre 1967 in poi. Spetta poi all'amministrazione comunale la verifica degli eventuali anelli mancanti delle procedure, cioè dei provvedimenti che man mano avrebbero dovuto autorizzare la situazione sulla quale si interviene oggi con il contributo pubblico.

Il rischio autodenuncia
Un rilevante punto interrogativo, al quale potrebbe rispondere anche il modulo unico in arrivo nei prossimi giorni, è rappresentato dal comportamento dei Comuni, che si vedono depositare Cila con planimetrie catastali aggiornate che non corrispondono a quelle custodite nei loro uffici tecnici: ad esempio, nelle Cila recenti possono emergere suddivisioni interne, soppalchi, scale, servizi igienici, finestre, cioè elementi che possono ritenersi abusivi confrontando la Cila con le documentazioni presente negli uffici. Il tecnico che ha redatto la Cila, se non dichiara l'esistenza di precedenti abusi, non rischia nulla, perché non gli è più richiesto di dichiarare la conformità urbanistica. I rischi invece gravano sul proprietario, che può essere chiamato dal Comune a dover giustificare difformità tra quanto descritto nel 2021 e quanto risulta agli atti del Comune. Il proprietario non rischia la perdita del bonus, perché l'articolo 33 del Dl 77/2021 limita l'applicazione dell'articolo 49 del Testo unico 380/2001 (norma sulla perdita dei benefici fiscali), ma è concreto il rischio di una sanzione edilizia per le difformità che emergono agevolmente dalla lettura combinata della Cila con gli atti depositati negli anni precedenti.

La giurisprudenza
Non è la prima volta che un'amministrazione comunale deve esaminare la sovrapposizione tra un intervento edilizio abusivo (ristrutturazioni abusive anteriori) e un successivo intervento edilizio legittimo: ad esempio, una sentenza del Tar Brescia (1135/2016) chiarisce che le opere abusive non possono essere assorbite da un successivo diverso titolo. Secondo il Tar, se vi è un abuso sottostante, usato come supporto per nuove opere, occorre risolvere il problema delle irregolarità originaria. Applicando la logica della sentenza bresciana, la Cila del bonus non sana le irregolarità pregresse, ma spetta al Comune intervenire: se vi è doppia conformità (iniziale, all'epoca dell'abuso, ed attuale, all'epoca della sanatoria, ipotesi peraltro rara) è possibile regolarizzare tutto pagando il doppio del contributo di concessione (articolo 36 Dpr 380/2001); se non vi è la doppia conformità e manca un interesse pubblico alla riduzione in pristino, si paga il doppio dell'aumento del valore venale (articolo 34 Dpr 380/2001) oppure il doppio del costo di produzione della sottostante opera abusiva. Il caso risolto a Brescia riguardava un intervento edilizio legittimo su di un edificio produttivo che presentava difformità non sanate (una sopraelevazione di 70 cm ed alcune scale e terrazzi): secondo i giudici, il privato non può trarre vantaggio da un permesso di costruire rilasciato superficialmente trascurando un pregresso abuso. Quindi, anche a distanza di tempo vi può essere una sanzione che dia continuità allo stato dei luoghi, rimediando a precedenti omessi controlli da parte del Comune. Ma un conto è il singolo, evidente abuso, altro le migliaia di casi di mere difformità.

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