Superbonus, se il condominio è fallito il sì al 110% in carico al curatore
Con la sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore fallimentare (nominato dal Tribunale) si sostituisce al proprietario
Quando si parla di superbonus, incentivi fiscali, detrazioni, non dobbiamo dimenticare all’interno di questi meccanismi possono verificarsi eventi che possono incidere e pregiudicareoppure rallentare, quell’iter procedurale iniziato. Pensiamo al caso, non raro, in cui all’interno di uno stabile condominiale, la proprietà di uno o più immobili sia in capo ad una società. A volte, la stessa società costruttrice. Cosa accade se la società o l’imprenditore falliscono?
Il primo comma dell’articolo 42 della legge fallimentare dispone che «la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e delladisponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento». Edancora, in base all’articolo 44 della legge fallimentare: «tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori».
La sentenza
Fatta questa premessa, va considerato che con la sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore fallimentare (nominato dal Tribunale) si sostituisce al proprietario, subentrando al condomino fallito. Questo comporta che sarà il curatore ad esercitare i diritti spettanti al condomino: sarà il curatore a dover essere convocato in assemblea ove sia stato posto all’ordine del giorno ogni decisione da assumere in ottica superbonus. E conseguentemente sarà il curatore a dover esercitare in assemblea il suo diritto di voto. Anche se non sarà un condomino al pari degli altri. Il curatore fallimentare, nominato dal giudice fallimentare e, dunque, da un Tribunale,avrà necessità, per assumere decisioni anche in merito al superbonus 110%, di essere autorizzato in tal senso. In base all’articolo 133 del Dlgs 14/2019, infatti, il curatore amministra il patrimonio del fallito agendo sempre sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
La questione si complica quando manca il consenso o se il fallimento non sia in grado di sostenere, nei confronti del terzo appaltatore, le somme allo stesso imputabili. Oppure quando i due terzi del valore dell’edificio siano in capo al costruttore dichiarato fallito. Pensiamo, ancora, al caso in cui il fallimento sia avvenuto successivamente al momento in cui il condomino abbia espresso la sua dichiarazione di volontà in favore della cessione del credito.
Il rebus morosità
Altro caso è quello in cui, se i lavori vengano approvati ma il fallimento non sia in grado di pagare,il debito dovrà essere distribuito in capo agli altri condòmini. Condòmini che, a loro volta, avranno diritto di rivalsa sul fallimento e potranno far richiesta di pagamento di quanto versato per conto anche del fallito, in prededuzione (articolo 30 della legge 220/2012).
Insomma, il rischio di rallentamento è concreto ma va anche considerato che l’attività del curatore è di tipo negoziale e che egli avrà interesse a che il valore del bene amministrato aumenti, e dunque a relazionare giudice e comitato dei crediti i sui vantaggi che l’iter del superbonus - una volta concluso - porterà all’immobile.