Fisco e contabilità

Tari, la bolletta può essere impugnata dal contribuente senza attendere l'atto di notifica del Comune

Non è preclusa la facoltà di impugnare atti impositivi atipici che evidenzino, comunque, una ben individuata pretesa tributaria

di Federico Gavioli

La bolletta Tari può essere immediatamente impugnata dinanzi al giudice tributario anche prima della sua scadenza. Lo ha affermato dalla Cassazione con l'ordinanza n. 1797/2023.

Nel caso in esame una società contribuente che esercita attività di gestione di un albergo e di un ristorante nonché commercio di prodotti non alimentari, impugnava nei confronti del Comune, una bolletta relativa alla Tari per il 2018. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società; la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l'appello del Comune affermando che solo dopo il mancato pagamento della bolletta il Comune procede alla notifica dell'accertamento d'ufficio o in rettifica, con irrogazione di sanzioni e interessi e solo tale provvedimento rappresenta la prima manifestazione impositiva effettivamente lesiva dell'interesse del contribuente contro cui poter ricorrere. Avverso tale decisione la società è ricorsa in Cassazione.

La difesa in Cassazione della società si basa sul presupposto che la sentenza emessa dai giudici tributari del merito è nulla perché con riferimento all'articolo 19 del Dlgs 546/1992 (riguardante gli atti impugnabili del processo tributario) ha erroneamente ritenuto che l'avviso di pagamento notificato dal Comune non rientrasse nel novero degli atti impugnabili; per la società ricorrente , invece, l'atto impugnato conteneva tutti gli elementi per individuare la pretesa erariale in relazione alla Tari per l'anno 2018 e la parte contribuente aveva interesse a chiarire, sin dalla notifica dell'avviso di pagamento, l'ammontare delle superfici tassabili e gli errori commessi dal Comune nella quantificazione.

Per la Cassazione il ricorso è fondato; in tema di contenzioso tributario, la natura tassativa dell'elencazione degli atti impugnabili rientra nell'articolo 19 del Dlgs n. 546 del 1992 ma non preclude al contribuente la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria; tale facoltà, tuttavia, non esclude l'onere di impugnare successivamente l'atto impositivo tipico, per evitare il consolidamento della pretesa dell'ente impositore, tanto che l'impugnazione dell'atto tipico fa venir meno l'interesse alla decisione sull'atto impugnato in via facoltativa.

I principi costituzionali di buon andamento della Pa (articolo 97 della Costituzione) e di tutela del contribuente (articoli 24 e 53 della Costituzione) impongono di riconoscere l'impugnabilità di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controversa di uno specifico rapporto tributario.

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