Personale

Tavolo con le parti sociali e monitoraggio aperto a tutti

Respinto il correttivo che chiedeva gli open data. Verifica settimanale e relazione trimestrale da Palazzo Chigi

di Gianni Trovati

La complessa architettura che seguirà la gestione del Recovery Plan sarà completata nei prossimi giorni con due nuovi decreti della presidenza del Consiglio. Uno istituirà il «tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale», pensato per costruire una sede stabile in cui sviluppare il confronto con le parti sociali e il mondo delle università oltre che con gli enti territoriali, che però saranno coinvolti direttamente nella cabina di regia politica in tutti i casi nei quali saranno in discussione progetti su cui le amministrazioni locali sono coinvolte direttamente. Il secondo regolerà la segreteria tecnica, l’organo che dovrà verificare lo sviluppo dei singoli progetti sul piano della contabilità e della realizzazione effettiva, e costruirà i monitoraggi puntuali per individuare in tempo reale gli eventuali intoppi da mettere sul tavolo della regia politica per decidere l’avvio dei poteri sostitutivi previsti dalla governance del Dl Recovery.

Questo organismo, lo dice il suo stesso nome, è tecnico, e sarà articolato intorno al gruppo di lavoro sul Pnrr che si è sviluppato in questi mesi alla Ragioneria generale dello Stato, referente unico delle Autorità Ue sulla rendicontazione del Pnrr, in connessione stretta con Palazzo Chigi. Ma il suo compito punta dritto allo snodo cruciale per la gestione del Piano, su cui già nelle scorse settimane si è acceso un dibattito intenso fra governo e Parlamento.

Oltre alla logica (il Piano ha un senso nella misura in cui viene attuato) sono le stesse regole di Next Generation Eu, con il meccanismo delle erogazioni di fondi a consuntivo, a rendere cruciale un sistema compiuto di monitoraggio in corso d’opera su un programma che negli anni centrali prevede di portare avanti quasi 200 progetti in contemporanea.

L’elletrocardiogramma costante del Pnrr, secondo gli annunci del governo, dovrebbe in realtà coinvolgere tutta l’opinione pubblica, anche attraverso un sito Internet che dovrebbe riportare il monitoraggio degli stati di avanzamento dettagliati, intervento per intervento, a cui si sta lavorando in una complessa triangolazione fra Palazzo Chigi, Mef, e Funzione pubblica.

Ma l’equilibrio fra trasparenza e controllo dei dati è più difficile nella pratica che nelle petizioni di principio. Lo dimostra il confronto che si è acceso nel corso dell’esame alla Camera del decreto Recovery. Il correttivo promosso dall’Osservatorio civico Pnrr per legificare l’obbligo di pubblicare tutti i dati in formato aperto per facilitare il lavoro di ricercatori, analisti e opinione pubblica è stato respinto, come sottolinea con un certo disappunto anche l’Orep (l’Osservatorio Recovery di Fondazione PromoPa e Università di Roma Tor Vergata). Complicata è stata anche la strada della richiesta, avanzata in particolare da Giuseppe Brescia (M5S) e Stefano Ceccanti (Pd) per estendere al Pnrr l’attività di controllo e divulgazione dei dati svolta dall’ufficio per il programma di governo sui decreti attuativi. La proposta, tradotta in un ordine del giorno, è già in via di attuazione a Palazzo Chigi, dove è pronto il testo del Dpcm che modifica l’articolo 25 del decreto sull’ordinamento della presidenza proprio per inserire il Recovery fra gli oggetti del controllo dell’ufficio per il programma di governo. Come avviene per la normativa domestica, su cui nelle ultime settimane la presidenza ha voluto stringere i bulloni affidando ai singoli ministeri obiettivi più ambiziosi e serrati nel tempo, anche sull’attuazione del Recovery dovrà essere assicurato un aggiornamento «almeno settimanale» e una relazione trimestrale. Fra i correttivi approvati al decreto Recovery ci sono poi quelli che impongono una rete più fitta di comunicazioni al Parlamento (la Camera ha avviato un portale di documentazione) e chiedono alla Corte dei conti di relazionare ogni sei mesi (e non ogni anno come da prima previsione) sullo stato dell’arte. Il punto essenziale, però, sarà quello di non confondere l’attuazione normativa con quella della realizzazione operativa dei progetti. Perché le regole europee, e le esigenze dell’economia, impongono di passare dall’attuazione di carta a quella reale. E il salto è impossibile senza una forte dose di trasparenza e di controllo diffuso.

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