Il CommentoFisco e contabilità

Una semplificazione vera: abolire i bilanci consolidati

di Alessandro Garzon

Se, dopo anni dall’introduzione degli obblighi di consolidamento dei bilanci degli enti locali, si volesse fare il punto sullo strumento, e sulla sua concreta utilità, l'esito sarebbe sconfortante: tra gli amministratori dei Comuni è opinione diffusa che – ad oggi – il bilancio consolidato non sia uno strumento di programmazione, gestione e controllo di un gruppo; del bilancio consolidato, in altre parole, non sanno cosa farsene. Per la semplice ragione che, con l'eccezione dei Comuni più grandi, la gran parte degli enti oggi obbligati alla redazione del consolidato non è a capo di nessun gruppo. Posto che secondo una definizione largamente condivisa il gruppo è un complesso economico costituito da più aziende le quali, pur mantenendo la loro autonomia giuridica, si trovano sotto il controllo di uno stesso soggetto economico, che ne promuove e coordina l’attività secondo un indirizzo unitario, pare evidente che l’aggregato costituito dall’ente locale e dalle partecipate non risponde, quantomeno di regola, a questa definizione, risolvendosi invece in un insieme disarticolato di soggetti che non condividono nè il soggetto economico di riferimento (tale non può essere l'ente locale là dove non controlli ex articolo 2359 del Codice civile le partecipate), né le finalità, né l'oggetto dell'attività, né l'organizzazione interna. Mentre le società di capitali hanno per definizione finalità lucrative, gli enti locali no.

Di regola non c’è relazione tra le funzioni/servizi erogati dall’ente locale e le attività (di regola commerciali) dei soggetti partecipati. Il rapporto che si instaura tra la direzione politica e la struttura amministrativa dell’ente è del tutto diverso dalla subordinazione gerarchica che tipicamente lega il management di una società ai dipendenti. A questo punto, la conclusione è obbligatoria: in quanto riferito a un aggregato intrinsecamente privo di qualunque senso economico o patrimoniale, il bilancio consolidato non può aver alcun apprezzabile valore informativo, risolvendosi in un esercizio contabile senza utilità. Ad acuire questa sensazione hanno contribuito i parametri del principio contabile 4/4 per la definizione del perimetro di consolidamento, così restrittivi da contraddire in modo palese le definizioni e i principi fissati dall’articolo 2359 del Codice civile. Imporre, ad esempio, a un Comune medio-piccolo di consolidare una società affidataria in house di un servizio pubblico locale, anche quando la quota di partecipazione sia – come quasi sempre avviene – minima, non ha alcun senso: quale controllo, quale attività di direzione e coordinamento sulla società in house potrebbe mai esercitare questo Comune?

Alla fine resta dunque evidente che «la visione completa delle consistenze finanziarie e patrimoniali ha un gruppo (…) incluso il risultato economico» (principio 4/4) di un qualcosa che non esiste non può avere valore informativo. Ben più utile potrebbe risultare il consolidamento delle sole posizioni debitorie, così da ottenere informazioni sull’indebitamento complessivo aggregato dell’ente locale: un risultato che si potrebbe raggiungere con un foglio di calcolo, senza scomodare inesistenti risultati economici di gruppo. Se è improbabile l’abolizione in tempi brevi delle norme sul consolidato, si potrebbero comunque rendere più ragionevoli (e meno astruse) le regole tecniche fissate dal principio 4/4. Molti uffici di ragioneria ringrazierebbero.