Il CommentoFisco e contabilità

Una sentenza della Corte costituzionale per far quadrare i conti dei Comuni

di Andrea Filippetti e Alessandro Gentilini (*)

La difficoltà nei bilanci degli enti territoriali di ogni livello e dimensione sono sempre più frequenti, sebbene sistematicamente sanate da trasferimenti statali e vari meccanismi di salvataggio in extremis. Le ragioni di tali difficoltà sono varie, e talvolta non addebitabili ai comportamenti della classe politica locale. Tuttavia, ci sono casi in cui le giunte regionali portano i bilanci verso il dissesto, magari camuffandolo temporaneamente attraverso espedienti contabili, ma con effetti negativi sugli amministratori che verranno e, in ultima analisi, sui cittadini esposti alla tassazione comunale o regionale.

Con riguardo agli amministratori che subentrano a predecessori "distratti", nel dicembre scorso la Corte costituzionale ha trattato un caso coinvolgente lo Stato e la Regione Basilicata. Qui la Giunta Bardi insediatasi nel 2019 aveva ereditato un disavanzo dalla precedente gestione che, in un primo momento, ha provato a nascondere tra le pieghe del bilancio regionale. A seguito dell'intervento della Sezione regionale della Corte dei conti, la Regione aveva quindi stabilito di ripianare tale disavanzo in cinque anni, anziché nell'anno in cui è stato accertato, come impone la legislazione statale. A fronte del ricorso dello Stato alla Corte costituzionale, la difesa della Regione ha reclamato la bontà di una scelta «diretta a consentire ai nuovi amministratori democraticamente eletti di recuperare gradualmente, nel corso dell'intera legislatura e senza essere astretti da non proporzionati vincoli di spesa, il disavanzo "ereditato" da quella precedente», e ha chiesto alla Corte di giudicare la legge statale che impone di fare diversamente. La Corte costituzionale ha dato torto alla Regione ma, e qui è il punto, ha affermato che l'unica via per ovviare a situazioni simili sia «una più generale esigenza di trasparenza contabile alla chiusura di ogni legislatura», da realizzare con l'introduzione di un documento «che garantisca la rappresentazione trasparente delle risultanze della gestione» finanziaria (sentenze n. 246 del 2021 e, prima, n. 250 del 2020).

Il tema di fondo che tale giurisprudenza affronta è quello della coincidenza degli obiettivi della politica agli obiettivi dei cittadini: ovvero, il grosso problema della non coincidenza dell'orizzonte temporale della politica con l'orizzonte della cosa pubblica. Detto brutalmente, la politica ha come obiettivo la rielezione, mentre i cittadini il benessere collettivo. L'orizzonte temporale della politica è quindi di breve periodo, mentre il benessere collettivo ha un orizzonte di lungo periodo. Quest'ultimo prevede investimenti in servizi pubblici – scuole, infrastrutture, formazione, servizi sociali eccetera - ma quando i tempi lunghi di questi investimenti non coincidono con i tempi corti della politica sorgono puntualmente i problemi. La politica può essere così più interessata ad alzare le spese correnti, finanziando progetti con ritorno immediato oppure elargendo bonus e sovvenzioni, piuttosto che avviare cantieri i cui benefici avranno luogo in futuro. Aumenti di spesa improduttiva e aumento dell'indebitamento compromettono l'equilibrio di bilancio, e spesso lasciano il cerino accesso (e inaspettato) nelle mani dei futuri presidenti regionali.

Ci sono meccanismi che incoraggiano l'allineamento della politica all'interesse pubblico. La rielezione ovviamente è uno di questi, ma da solo è insufficiente. La presenza di forti partiti, il cui orizzonte temporale dovrebbe essere di lungo periodo, è senz'altro un meccanismo di controllo rispetto ad una gestione spregiudicata della finanza pubblica. Tuttavia, i partiti oggi svolgono sempre meno un ruolo di questo tipo, con particolare riguardo al loro livello locale.

Il principio che la Corte costituzionale difende va inserito dunque in questo quadro. L'obiettivo è quello di allungare l'orizzonte temporale degli amministratori, affinché il bilancio dei rispettivi enti sia sostenibile, e non gestito a danno delle gestioni future. Tecnicamente è come se si cercasse un modo per connettere le gestioni finanziarie di una legislatura a quella successiva, andando di fatto ad estendere e allineare l'orizzonte temporale della politica e della cosa pubblica oltre il presente. Che poi, a ben riflettere, non significa altro che garantire il futuro di entrambe.

(*) Issirfa-CNR