Il CommentoAmministratori

Valutazione ambientale, cosa insegna il caso Genova

di Massimiliano Atelli

La posa della prima pietra della nuova diga di Genova propone due storie. Quella, da scrivere, che guarda al futuro e inizia proprio con la posa di quella pietra. Una storia che parla di creazione e consolidamento di corridoi di transito continentali per i traffici commerciali e l’interscambio fra Paesi, di rinnovata capacità del territorio di intercettare flussi di merci e di persone, di vitalità e rilancio, anche culturale (compresa la cultura del fare), di uno spazio pulsante - il Nord Ovest - che è un’area strategica del nostro Paese.

Poi c’è l’altra storia, quella che invece è già stata scritta. Una storia che, se fosse stata diversa, probabilmente non avrebbe consentito che a maggio 2023 si potesse posare la prima pietra della nuova diga. Una storia, ancora, che si svolge tutta nell’area del “pubblico”, e che, senza perdersi dietro a luoghi comuni che sono ormai superati dal tempo, può servire a restituire un po’ di fiducia anche a chi, nei decenni scorsi, di fiducia nel “pubblico” un po’ ne ha perduta.

Davvero tanto – per la diga di Genova – sa in effetti di “pubblico”: dalla forte azione di riordino legislativo in cui si sono impegnati Parlamento e Governo sin dall’avvio del Pnrr, allo svolgimento dell’impegnativo ruolo di proponente del progetto da parte di un’Autorità pubblica, sino alla fase delle verifiche e dei controlli ministeriali, a iniziare da quelli ambientali. Su quest’ultimo punto, posso dire che mai era accaduto che per un’opera del valore unitario di due miliardi (di Pnrr....), la procedura di Via dovesse farsi, per legge, entro 130 giorni in tutto (che è poi il lasso di tempo - massimo – previsto per la valutazione di impatto ambientale su tutti gli interventi finanziati con fondi Pnrr, anche se di minor valore rispetto alla diga).

Abbiamo svolto l’intera procedura di Via in 113 giorni, sui 130 previsti. Farlo, e soprattutto farlo in modo adeguato, è dunque possibile.

Abbiamo esaminato con scrupolo e attenzione tutta la documentazione, ma non ci siamo limitati a questo. Abbiamo avuto, nel rigoroso rispetto dei ruoli, diversi momenti di confronto con il proponente pubblico. E siamo andati a vedere con i nostri occhi, camminandoci sopra, la vecchia diga, perché studiare le carte è essenziale, ma vedere anche di persona luoghi e situazioni, quando è il caso, è meglio.

Per carità, le difficoltà (imprevedibili variazioni di costo dovute a fattori esterni quali importanti crisi geopolitiche, oppure contenziosi, ecc.) non mancano e non mancheranno, sulla diga come su altri interventi, ma da Genova arriva, ritengo, un secondo segnale (dopo quello, ovviamente, del Ponte) di fiducia e credibilità per il sistema Italia. Dal quale sarebbe auspicabile trarre occasione per un nuovo patto fra pubblico e privato, che, superando antiche diffidenze e reciproci pregiudizi, resta la strada migliore per ricercare punti di equilibrio più avanzati, in tanti ambiti.