Amministratori

Variante urbanistica, il consiglio comunale può decidere diversamente dalla Conferenza di servizi solo per valide ragioni

Una motivazione carente e contraddittoria comporta la responsabilità per colpa della Pubblica amministrazione

di Corrado Mancini

Il consiglio comunale può decidere in maniera difforme rispetto al parere espresso dalla Conferenza di servizi solamente se tale decisione è suffragata da valide ragioni idonee a sovvertire la proposta scaturita dalla Conferenza stessa. Lo si desume dalla lettura della sentenza n. 155/2022 della Corte dei conti sezione giurisdizionale per la Lombardia.

Nello specifico la questione posta all'attenzione del collegio giudicante riguardava il diniego di una variante urbanistica, inizialmente accolta con atteggiamento favorevole da parte dell'amministrazione e nei confronti della quale la Conferenza dei servizi aveva espresso parere favorevole.

In primo luogo i Magistrati evidenziano come il principio dell'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali (articolo 1, comma 1, legge 20/1994) non comporta la loro sottrazione a ogni controllo della Corte dei conti. Al riguardo, occorre infatti tenere distinta la valutazione circa l'opportunità di una scelta piuttosto che un'altra compiuta dalla Pubblica amministrazione (insindacabile dal giudice contabile), dalla verifica circa la legittimità della scelta effettuata: quest'ultima è sempre consentita all'organo giurisdizionale, chiamato ad appurare l'osservanza delle norme e dei principi che disciplinano l'attività del soggetto pubblico, in primis il buon andamento di cui all'articolo 97 della Costituzione il quale è perseguito e assicurato anche attraverso la razionalità, logicità e coerenza nell'esercizio della discrezionalità amministrativa.

I magistrati lombardi, con riferimento alle attribuzioni da riconoscere al consiglio comunale quando si trova a decidere su una proposta di variante urbanistica che ha ricevuto il parere favorevole dalla Conferenza di servizi, ritengono vada appurato se l'organo consiliare possa, e con quali modalità, legittimamente assumere una decisione di diniego, discostandosi dalla posizione espressa dalla Conferenza. Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa si è espressa nel senso che l'articolo 5 del Dpr 447/1998 non comporta una abdicazione dell'amministrazione alla sua istituzionale potestà di pianificazione territoriale. In caso di proposta favorevole espressa dalla Conferenza dei servizi (da considerarsi un atto di impulso del procedimento, non vincolante per l'ente locale cui spetta la decisione finale), il consiglio comunale può comunque decidere per l'accoglimento o per il respingimento della variante urbanistica. In quest'ultimo caso, tuttavia, è necessario che vi siano effettive e fondate ragioni che determinano il contrario avviso rispetto all'indicazione sortita dalla Conferenza e che ne venga data ampia ed esaustiva ostensione nel provvedimento di diniego.

Ciò innanzitutto risponde ai comuni principi generali che disciplinano l'esercizio dei poteri amministrativi discrezionali e, in particolare quello dell'obbligo motivazionale dei relativi provvedimenti (il Consiglio di Stato, proprio in molte pronunce su casi in cui il Comune si è discostato dalla proposta favorevole nell'ambito del procedimento di cui al predetto articolo 5, fa espressi richiami alla necessità di "motivazione rinforzata", di "adeguata istruttoria e motivazione", di "puntuale motivazione"); inoltre, impedisce che la fase endoprocedimentale della Conferenza di servizi finisca per risultare del tutto inutile e dispendiosa, un mero appesantimento burocratico praticamente senza rilevanza potendo il parere essere liberamente disatteso, quando invece nelle intenzioni del legislatore essa rappresenta uno strumento che consente un'istruttoria semplificata, ma utile per la valutazione finale spettante all'organo consiliare comunale.

Ne consegue che, qualora la decisione del consiglio non sia suffragata da valide ragioni idonee a sovvertire la proposta favorevole scaturita dalla Conferenza di servizi e presenti una motivazione carente e contraddittoria rispetto a quanto emerso nel corso dell'intera istruttoria procedimentale, allora dall'illegittimità può senz'altro discendere una responsabilità per colpa della Pubblica amministrazione, suscettibile di ledere le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari dell'attività e degli atti.

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