Urbanistica

Recupero urbano con i privati, sconto sui tributi locali e bonus del 36% sui lavori con il «baratto amministrativo»

di Fabrizio Luches

Con il nuovo codice viene disciplinato -per la prima volta in materia di contratti pubblici- l'istituto del «Partenariato pubblico privato», come istituto generale autonomo e consistente in quelle forme di sinergia tra poteri pubblici e privati dirette al finanziamento, realizzazione o gestione delle infrastrutture o dei servizi pubblici.
In tale ambito rientrano i cd. «interventi di sussidiarietà orizzontale» (cioè la partecipazione della società civile alla cura di aree pubbliche o alla valorizzazione di aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale), nonché il «baratto amministrativo» (o partenariato sociale) che agevola la realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati e senza oneri per l'wnte, a fronte di riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere (istituto introdotto in materia di tributi comunali dal d.lgs. 23/2011 e ora disciplinato dall'art. 24 della legge 11 novembre 2014 n. 164).

Il baratto amministrativo
L'istituto disciplinato dal primo comma dell'art. 190 dalla bozza di decreto con il nuovo codice consente a tutti gli enti territoriali di definire i criteri e le condizioni per la stipula di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati dai cittadini (in forma singola o associata), purché individuati in base a un preciso ambito territoriale.
Tali contratti hanno ad oggetto la realizzazione di interventi sul territorio quali la pulizia, la manutenzione, l'abbellimento di aree verdi, piazze o strade ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali o interventi di recupero con finalità di interesse generale. A tali fini la Pa potrà deliberare la concessione di una riduzione ovvero di un'esenzione di tributi locali (es. Imu, Tasi, Tari, Cosap, ecc.), purché riferibile alle attività poste in essere dai predetti soggetti.

Rispetto alle previsioni dello Sblocca Italia, l'istituto in commento può essere attuato da tutti gli enti locali (e non solamente dai Comuni), oltre a non venir confinato alla valorizzazione di una «limitata zona» del territorio urbano o extraurbano (ancorché gli interventi dovranno comunque riferirsi ad un preciso ambito territoriale); diverso è anche il periodo temporale di fruizione, qui determinato autonomamente dall'ente con propria delibera (mentre l'art. 24 l. 164/14 limita la concessione dell'esenzione per «un periodo limitato e definito»).

I tributi barattabili
Il Codice precisa quanto già disposto dallo Sblocca Italia (che impone un nesso di «inerenza» tra le riduzioni o esenzioni di tributi e il tipo di attività posta in essere dai cittadini), prevedendo che i tributi devono essere «corrispondenti» al tipo di attività svolta dal privato o dall'associazione ovvero «comunque utili alla comunità di riferimento», in un'ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini.

Anche tale formulazione letterale consente di ritenere che resti nelle facoltà dell'ente -in sede di propria delibera- valutare il rapporto tra l'agevolazione tributaria e l'attività svolta dai cittadini, purché la determinazione sia basata su criteri di ragionevolezza e corrispondenza tra beneficio reso alla comunità ed agevolazione concessa. Parimenti la disposizione non pone alcuna limitazione in ordine alle tipologie di tributi per i quali potranno essere previste agevolazioni (salvo ovviamente i presupposti impositivi propri di ciascun tributo), ritenendo ammissibili -ad esempio- riduzioni o esenzioni dalla Tari per progetti di pulizia di parchi pubblici, ma anche della Tasi per gli stessi interventi, riconducibili alla sua natura di tributo sui servizi indivisibili, mentre a fronte di un progetto di riqualificazione di un bene immobile, l'ente potrà valutare un'agevolazione sull'Imu.

Come l'analogo istituto disciplinato dall'art. 24 legge 164/2014, non sono presenti criteri legislativi oggettivi diretti alle modalità di quantificazione dell'agevolazione disposta dall'amministrazione per la «remunerazione» delle attività fornite. Anche sotto tale profilo si ritiene necessario che la delibera contenga precise motivazioni in ordine alla quantificazione compiuta, comunque basate sui principi di responsabilità, ragionevolezza ed economicità.

L'orientamento della Corte dei Conti
In attuazione dell'istituto disciplinato a livello tributario, diversi Comuni hanno già emanato propri regolamenti, prevedendo anche disposizioni dirette a regolamentare aspetti non contemplati dalle disposizioni legislative (ad esempio ammettendo compensazioni di entrate patrimoniali non tributarie, ovvero di debiti tributari pregressi nel caso di morosità incolpevole, ecc.).
Su tali previsioni locali, recentemente la Corte dei Conti dell'Emilia Romagna si è espressa nel merito, ribadendo il principio dell'indisponibilità dell'obbligazione tributaria, derogabile solo in forza di una disposizione di legge e a valere per debiti tributari maturati successivamente alla delibera del Comune.
La Magistratura contabile ha quindi evidenziato che non è possibile utilizzare il baratto amministrativo per i debiti pregressi dei contribuenti, non essendo questa una fattispecie contemplata espressamente dalla norma, oltre a incidere negativamente sugli equilibri di bilancio, considerato che si tratta di debiti ormai confluiti nella massa dei residui attivi del Comune.

La sussidiarietà orizzontale
I commi da 3 a 6 dell'art. 190 disciplinano la realizzazione di opere di interesse locale su proposte operative di «gruppi di cittadini organizzati», a condizione che le opere siano di pronta realizzabilità e siano dichiarati i costi ed i mezzi dì finanziamento: in ogni caso l'ente locale non potrà partecipare ai relativi oneri.

Per disciplinare tali attività sussidiarie, l'ente può emanare specifico regolamento e può determinarsi sulla proposta anche con il coinvolgimento, se necessario, di altri soggetti, enti ed uffici interessati (si pensi ad esempio i casi di immobili soggetti a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale), impartendo le prescrizioni ritenute opportune e fornendo comunque assistenza ai proponenti.

In ogni caso, decorsi due mesi dalla presentazione della proposta senza che l'Amministrazione si sia espressa, scatta il silenzio-rifiuto, intendendosi respinta ai sensi di legge. Nel caso invece di approvazione espressa, l'ente può disciplinare le fasi essenziali del procedimento di realizzazione e i tempi di esecuzione dell'intervento.

Per quanto concerne il regime giuridico delle opere realizzate, le stesse sono acquisite a titolo originario al patrimonio indisponibile dell'ente competente.
La disciplina sostanziale del nuovo codice si chiude con l'espressa esclusione di oneri fiscali ed amministrativi a carico del gruppo attuatore conseguentemente la realizzazione di dette opere, fatta eccezione per l'Iva; mentre per quanto concerne le spese per la formulazione delle proposte e la realizzazione delle opere, si dispone che esse siano detraibili dall'Irpef dei proponenti nella misura del 36%, rinviando alla disposizione originaria in materia (art. 1 legge 449/1997 e relativi provvedimenti di attuazione).

Tale rinvio risulta quantomeno impreciso, dato che le detrazioni fiscali in materia di recupero del patrimonio edilizio sono attualmente disciplinate - in forma permanente - nel noto articolo 16-bis del Tuir (d.p.r. 917/1986) in forza delle modifiche apportate dal Dl 201/2011, a cui devono aggiungersi oltretutto le previsioni che hanno innalzato la misura dell'agevolazione fiscale e l'ammontare delle spese detraibili (da ultimo l'art. 1, comma 74, lettera c) della legge 208/2015). Le norme vigenti, infatti, dispongono la detrazione del 50% per le spese documentate relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio sostenute fino al 31 dicembre 2016.

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