Urbanistica

Consumo di suolo, si rafforzano le politiche per il riuso: analisi comma per comma del Ddl pronto per l'Aula

di Giuseppe Latour

Deroghe per le opere di legge Obiettivo, strumenti urbanistici blindati e definizioni che allargano le maglie, consentendo di considerare l'impermeabilizzazione che viene rimossa. Ma anche un ruolo più pesante della rigenerazione urbana, con una delega al Governo per lanciare un piano periferie.
Sono queste le novità più importanti del Ddl sul consumo di suolo, nella versione uscita martedì sera dalle commissioni Ambiente e Agricoltura della Camera. Il testo viene da un iter lunghissimo: sono serviti 18 mesi per la sua approvazione. Adesso, perché i relatori Chiara Braga e Massimo Fiorio ricevano il mandato a discutere il provvedimento in Aula, mancano solo i pareri delle commissioni, attesi a breve. Il primo via libera a Montecitorio è previsto a novembre.

Maglie più larghe nelle definizioni (articolo 2)
Il primo punto controverso del testo riguardava le definizioni. Il Ddl individua come «superficie agricola, naturale e seminaturale» i terreni «qualificati come agricoli dagli strumenti urbanistici, nonché le altre superfici, non impermeabilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge», fatta eccezione per «le superfici destinate a servizi pubblici di livello generale e locale previsti dagli strumenti urbanistici vigenti», per le aree destinate a infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale (per i quali vanno previste compensazioni ambientali) e per «i lotti e gli spazi inedificati interclusi già dotati di opere di urbanizzazione primaria». Rispetto al testo originario sono state introdotte parecchie eccezioni che consentiranno di costruire in più casi.
Discorso simile per la definizione di «consumo di suolo», per il quale si intende «l'incremento annuale netto della superficie agricola naturale e seminaturale soggetta a interventi di impermeabilizzazione»: il calcolo del consumo netto deriva dal bilancio tra superfici agricole naturali e seminaturali in cui si è verificata l'impermeabilizzazione e superfici impermeabilizzate in cui sia stata rimossa l'impermeabilizzazione. La possibilità di conteggiare le superfici per le quali è stata rimossa l'impermeabilizzazione è un'altra novità dell'ultima ora.

Viene anche dato spazio alla «rigenerazione urbana»: un insieme coordinato «di interventi urbanistici, edilizi e socio-economici nelle aree urbanizzate che persegua l'obiettivo della sostituzione e del riuso in un'ottica di sostenibilità ambientale, di contenimento del consumo di suolo, di localizzazione dei nuovi interventi di trasformazione nelle aree già edificate, di innalzamento del potenziale ecologico ambientale».

La fase transitoria (articolo 10)
Una volta individuato cosa si intende per consumo di suolo e per superficie agricola, la seconda questione delicata riguarda la fase transitoria: bisogna decidere cosa accade in attesa che entrino in vigore le nuove regole. Sul punto, il testo si esprime chiaramente: «Sono fatti comunque salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge relativi ai titoli abilitativi edilizi comunque denominati, aventi ad oggetto il consumo di suolo inedificato, nonché gli interventi ed i programmi di trasformazione previsti nei piani attuativi comunque denominati».
Tutto quello che i Comuni hanno deciso e autorizzato, per evitare contenzioso con imprese e privati, resta in vita fino alla data di entrata in vigore della legge.

Dall'entrata in vigore e per tre anni, poi, scatta una fase durante la quale «non è consentito il consumo di suolo tranne che per i lavori e le opere inseriti negli strumenti di programmazione delle amministrazioni aggiudicatrici», nonché per le opere prioritarie individuate dalla Legge Obiettivo. Restano comunque fermi i termini di validità degli strumenti urbanistici attuativi già fissati dai piani paesaggistici in data anteriore a quella di entrata in vigore della legge.

Passati i tre anni, scattano le regole indicate da un decreto del ministero dell'Agricoltura, che dovrà stabilire gli obiettivi di riduzione del consumo di suolo a livello nazionale. Contemporaneamente, si metterà in moto la regola in base alla quale non sarà consentito, per ciascuna regione, il consumo di suolo in misura superiore al 50 per cento della media di consumo di suolo di ciascuna Regione nei cinque anni antecedenti.

Decisioni a cascata (articolo 3)
Il terzo passaggio delicato è legato al meccanismo di decisioni a cascata, che mette in atto gli obiettivi generali di riduzione del consumo di suolo indicati dal Governo. Una volta individuati i limiti a livello nazionale, entra in gioco la Conferenza unificata: una sua delibera dovrà indicare i criteri per la riduzione del consumo di suolo. Il passaggio successivo riguarda Regioni e province autonome, che raccoglieranno i dati sull'andamento del loro consumo di suolo. A quel punto la Conferenza unificata riprende in mano il dossier e stabilisce la ripartizione, in termini quantitativi, tra le Regioni della riduzione del consumo di suolo fissata a livello nazionale. Ogni Regione, poi, dovrà fissare le modalità con le quali ciascun Comune rispetterà questi principi nella sua programmazione. Alla presidenza del Consiglio viene attribuito il compito di intervenire se qualche passaggio sarà fatto in ritardo rispetto ai termini previsti. Il compito di monitorare l'applicazione della riforma è affidato al ministero dell'Agricoltura, che si avvale delle sue strutture, come l'Ispra.

Oneri di urbanizzazione (articolo 9)
Su questo punto arriva una delle novità più dirompenti del disegno di legge. In base a un emendamento dei relatori, viene rafforzato in maniera consistente il ruolo che gli interventi di rigenerazione avranno per gli oneri di urbanizzazione. Questi non potranno essere più impiegati in spesa corrente ma andranno sfruttati, esclusivamente e senza vincoli, per gli investimenti: manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, interventi di riuso e di rigenerazione, interventi di demolizione di costruzioni abusive, acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della messa in sicurezza delle aree esposte alla prevenzione e alla mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura in ambito urbano, attuati dai soggetti pubblici.

Censimento del patrimonio immobiliare inutilizzato (articolo 4)
Sempre in chiave di rigenerazione, le Regioni dovranno dettare disposizioni per la redazione di un "censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati esistenti", in cui specificare caratteristiche e dimensioni di questi immobili, allo scopo di creare "una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso". Attraverso questo censimento i Comuni potranno verificare se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo inedificato possano essere soddisfatte con gli immobili individuati.

Piano periferie (articolo 4 bis)
Infine, il Parlamento, in base al nuovo articolo 4 bis, delega il Governo ad approvare entro nove mesi una serie di decreti legislativi "recanti una procedura di intervento semplificata per la rigenerazione delle aree urbane urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico e ambientale". L'obiettivo è creare una corsia preferenziale per la realizzazione di progetti su edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, la riqualificazione, la demolizione, la ricostruzione e sostituzione degli edifici esistenti, la creazione di aree verdi e piste ciclabili. Questi progetti dovranno essere basati su standard di elevata qualità ambientale, attraverso l'indicazione di obiettivi prestazionali degli edifici e l'utilizzo dei concorsi di progettazione. Le nuove regole non saranno applicabili alle aree sottoposte a vincolo paesaggistico o culturale, "salvo espressa autorizzazione della competente Sovrintendenza".

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