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Consumo di suolo: ennesimo rinvio per il Ddl che va in conferenza unificata. Critici gli ambientalisti

di Giuseppe Latour

Durissimo ed ennesimo stop per il Ddl sul consumo di suolo. Che, a questo punto, rischia di naufragare per sempre. Il contestato provvedimento, che mira a contingentare la realizzazione di nuovi edifici e a promuovere la rigenerazione urbana, era calendarizzato per andare in Aula nella giornata di oggi. La prevista approvazione in prima lettura alla Camera, però, non ci sarà. Le commissioni parlamentari, con i loro pareri, nell'ultimo mese hanno avanzato dubbi che i relatori hanno provato a superare con una serie di emendamenti. Quel tentativo è stato giudicato insufficiente. Così, Montecitorio ha deciso di mandare il Ddl davanti alla Conferenza unificata: in quella sede si cercherà un accordo sul problema delle nuove competenze di Regioni ed enti locali.

A mettere su una china scivolosa il disegno di legge sono state le commissioni parlamentari, che hanno di fatto affossato il testo con una serie di pareri al vetriolo. La commissione Beni culturali ha rilevato l'eccessivo carico per gli enti locali. La commissione Industria ha chiesto «limitate possibilità di consumo di suolo finalizzate esclusivamente all'ampliamento di imprese produttive già presenti sul territorio, non comprese in piani attuativi già adottati». La commissione Affari costituzionali ha sollecitato, in fase di attuazione delle diverse procedure della legge, «un maggior grado di coinvolgimento delle Regioni». La commissione per le questioni regionali ha chiesto di valutare con più attenzione «l'impatto della disciplina transitoria sull'attività pianificatoria degli enti territoriali». Insomma, volendo sintetizzare, dalle indicazioni delle commissioni sono emersi dubbi sul carico organizzativo eccessivo per i Comuni e sul coordinamento tra le regole del disegno di legge e quelle che disciplinano i rapporti tra i diversi livelli di Governo in materia di pianificazione.

I due relatori, Massimo Fiorio e Chiara Braga hanno provato a metterci una pezza due settimane fa, presentando una ventina di emendamenti in commissione. Gli aggiustamenti proposti puntavano soprattutto a potenziare il ruolo delle Regioni, dando anche un ruolo più pervasivo ai pareri della Conferenza unificata in diverse procedure. Veniva, poi, esplicitato che le nuove regole non si applicano ai centri storici, salvo espressa autorizzazione della sovrintendenza. Veniva prevista la possibilità di introdurre una fiscalità di vantaggio per le operazioni di rigenerazione urbana. Infine, la delega al Governo per definire un provvedimento organico in materia di rigenerazione avrebbe dovuto essere attuata senza ulteriori oneri per il bilancio dello Stato.

Quel blitz, però, è fallito. Il disegno di legge era calendarizzato in Aula per oggi, lunedì 21 marzo e, obiettivamente, non c'era tempo per chiudere un testo in tempi così stretti. Così, le commissioni Ambiente e Agricoltura hanno preso atto del fallimento. Spiega Luca Sani, presidente della tredicesima commissione: «Gli uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle commissioni riunite VIII e XIII, nella riunione svoltasi nella giornata odierna, hanno convenuto all'unanimità di sottoporre all'attenzione della presidenza della Camera l'esigenza di rinviare l'inizio dell'esame del provvedimento in assemblea al fine di disporre del tempo necessario per valutare gli esiti di un preannunciato prossimo incontro degli enti locali con il Governo in sede di Conferenza unificata sul provvedimento in questione, attesa l'incidenza della normativa ivi recata sugli ambiti di competenza delle realtà territoriali».

Prima di proseguire l'esame parlamentare, allora, sarà necessario il via libera di Regioni e Comuni. Il motivo è che molte delle procedure inserite nel Ddl portano un appesantimento degli adempimenti a loro carico. Questo stop, però, potrebbe essere addirittura quello definitivo per il provvedimento. Anche Legambiente, negli ultimi giorni, ha criticato il disegno di legge, perché non concordato tra i diversi stakeholder e perché troppo morbido sul fronte della rigenerazione urbana.

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