Amministratori

Accesso civico, illegittimo il rifiuto motivato in base a un regolamento interno dell'in house

Non è legittima la previsione generale di esclusione a causa della non «non titolarità» del dato

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di Manuela Sodini

Nei regolamenti adottati dai soggetti tenuti all'applicazione della disciplina sulla trasparenza non possono essere introdotti nuovi limiti all'accesso civico generalizzato diversi da quelli legalmente previsti. Questo in sintesi quello che emerge dalla sentenza del Tar Piemonte n. 720/2020.

Nel caso di specie, un comitato si è rivolto a una società in house con un'istanza multipla in cui ha presentato una richiesta di accesso documentale, ambientale e generalizzato al fine di ottenere l'ostensione di atti e documenti e comunque l'accesso alle informazioni relative ai flussi veicolari su base oraria rilevati per un determinato periodo di tempo; la società in house, destinataria della richiesta di accesso mista, ha fra gli scopi anche quello di acquisire ed elaborare dati e informazioni relative al trasporto delle persone e delle merci per la produzione di analisi e studi.

Per il Tar, il ricorso presentato dal comitato deve essere dichiarato in parte inammissibile, con riferimento ai motivi inerenti l'accesso documentale, e accolto, per la restante parte, con riferimento al diritto di accesso ambientale e accesso generalizzato.

Il comitato nel ricorso contro la società in house ha richiesto l'annullamento del silenzio rigetto, del provvedimento di diniego espresso e del regolamento adottato dalla società dove viene stabilito che è escluso l'accesso alle «informazioni i cui dati costituenti non sono di titolarità» della società.

In proposito, il Tar richiama preliminarmente il fatto che alle società in house, la disciplina in materia di accesso civico generalizzato si applica in maniera integrale e analoga a quanto succede per le pubbliche amministrazioni; quanto alla possibilità di prevedere in via regolamentare ipotesi di diniego, le circolari ministeriali n. 2/2017 e 1/2019 e il Consiglio di Stato hanno ribadito che la disciplina delle eccezioni al diritto di accesso generalizzato è coperta da riserva di legge; non potendo, in via regolamentare, introdurre nuovi limiti all'accesso civico generalizzato diversi da quelli legalmente previsti dall'articolo 5-bis del Decreto 33/2013.

L'articolo 5-bis, al comma 1, contiene le eccezioni assolute e al comma 2 quelle relative che richiedono un bilanciamento da parte della pubblica amministrazione tra l'interesse pubblico alla conoscibilità e il danno all'interesse-limite, pubblico o privato, alla riservatezza.

Infatti, come stabilisce la circolare n. 1/2019, «le pubbliche amministrazioni possono disciplinare esclusivamente i profili procedurali e organizzativi di carattere interno, ma non i profili di rilevanza esterna che incidono sull'estensione del diritto. Di conseguenza, le amministrazioni non possono individuare con regolamento categorie di atti sottratte all'accesso generalizzato, come prevede invece l'art. 24, comma 2, l. n. 241 del 1990 in tema di accesso procedimentale».

Nel caso di specie, il Tar evidenzia che, la previsione contenuta nel regolamento della società in house, in base alla quale sono sottratte all'accesso «le informazioni i cui dati costituenti non sono di titolarità» della stessa società, non può essere intesa come ampliativa delle eccezioni assolute stabilite dall'articolo 5-bis del Decreto 33/2013. Allo stesso tempo, se intesa a precisare la portata delle eccezioni relative non può essere applicata in maniera acritica, dovendo invece di volta in volta ponderare tra gli interessi pubblici e privati in gioco.

Infatti, per il Tar il patrimonio informativo di cui la società dispone per ragioni di servizio e in forza della committenza dei soci pubblici può essere tutelato mediante i diversi strumenti previsti dal legislatore, tra cui, il differimento, l'accesso parziale oppure individuando gli enti soci come soggetti controinteressati.

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