Amministratori

Crotone e il Mezzogiorno, la vera ricostruzione passa dai servizi pubblici

di Nino Amadore

È un gioco delle tre carte quello che va in scena ogni anno in coda alla classifica sulla qualità della vita. Cambiano i temi, le posizioni dei territori ma il risultato è sempre quello: chi abita nel Sud del paese perde sempre. E la pandemia non ha fatto altro che evidenziare con maggiore chiarezza le solite criticità: un fragile tessuto economico, carenze strutturali nei servizi pubblici, un apparato burocratico lento e spesso inadeguato. Uno spirito di resilienza che, il più delle volte, si concretizza nel detto siciliano: «Calati juncu che passa la china (calati giunco che passa la piena)».

Divario di cittadinanza

Il divario di cittadinanza, come lo hanno felicemente battezzato in un libro il direttore della Svimez Luca Bianchi e il giornalista Antonio Fraschilla, non diminuisce, anzi cresce. Saremmo alle solite, insomma, se quest’anno non fosse stato caratterizzato dal dramma della pandemia che, giocoforza, incide anche sulla classifica del Sole 24 Ore.

Potremmo dire di essere all’anno Zero con la prospettiva di dover comprendere cosa ci riserva e quali sono le strategie per l’anno 1: il primo dopo la pandemia. Un punto fermo soprattutto per quelle aree metropolitane del Sud, che guadagnano i primi posti della classifica al capitolo «Demografia e salute» grazie alla bassa incidenza dei contagi Covid, ma poi perdono precipitosamente posizioni nelle altre categorie: «Affari e lavoro», «Ambiente e servizi» e «Cultura e tempo libero».

Succede a Napoli che è 92ª nella classifica generale ma perde 11 posti rispetto all’anno scorso: «La gestione della città deve cambiare passo, approccio e visione del futuro, come ci si aspetta in una società moderna e in crescita - ha detto nel suo intervento all’assemblea dell’Unione industriali di Napoli il presidente Maurizio Manfellotto -. Napoli è una città in deficit non solo in termini di buona ordinaria amministrazione, ma anche in termini di vision e di ruolo che spetta alla sua importante dimensione e alle sue potenzialità».

Un discorso che vale anche per altre grandi città del Sud come Palermo (89ª con un recupero di 9 posizioni) e Catania (90ª e un recupero di 7 posizioni), quest’ultima a lungo senza sindaco per una vicenda giudiziaria che ha coinvolto il primo cittadino Salvo Pogliese ora tornato in sella.

Sindaci sceriffi e solito contesto

In questi mesi la pandemia ci ha restituito spesso l’immagine di sindaci sceriffi, impegnati a varare misure a volte più restrittive di quelle nazionali. Mentre tutt’intorno il contesto è rimasto immutato. Così è successo, in particolare, ai sindaci delle grandi aree metropolitane. E ora insieme alla sicurezza sanitaria è arrivato il tempo di pensare anche al resto.

Si prenda, per esempio, il sindaco di Messina Cateno De Luca, amministratore di un’area complessa in riva allo Stretto che si piazza al 91° posto nella classifica della Qualità della vita e ha teoricamente recuperato 9 posti rispetto all’anno scorso. De Luca, che è stato uno dei più rigidi durante il lockdown tanto da meritarsi il soprannome di «Scateno», prova a essere tanto rigido quanto impegnato in un possibile rilancio in questa fase: «Il Ponte sullo Stretto? Non mi sono appassionato all’ultimo dibattito per non rimanere deluso per le decisioni che, sapevo, avrebbero preso». Lo dice nella consapevolezza che per molti il Ponte avrebbe rappresentato un punto di svolta per Messina e per la Sicilia. E va oltre annunciando un piano di opere pubbliche da 50 milioni, un piano straordinario di promozione della città, e guarda con attenzione alla rigenerazione urbana: «Il nostro piano per eliminare le baracche del terremoto del 1908 va avanti - dice - abbiamo consegnato 300 alloggi in un anno e mezzo. Prima di noi in 30 anni ne avevano consegnati 480. Ma continuiamo a ripetere che serve una legge speciale. Poi abbiamo presentato un progetto di forestazione della città, con la creazione di aree a verde, in collaborazione con Snam. Bisogna essere chiari: o entriamo nell’ottica di affrontare i i problemi e rilanciamo, oppure si muore».

La ricerca della normalità

Messina metafora di tante altre città del Mezzogiorno. In Calabria si salva (diciamo così) solo Cosenza, visto che naviga all’86° posto pur avendo recuperato 10 posizioni. Per il resto da quelle parti si scivola in basso fino ad arrivare a Crotone, ultima e negletta. Ai danni della pandemia vanno sommati quelli di un’alluvione che ha colpito con violenza la città giusto un paio di settimane fa. Il sindaco Vincenzo Voce, un ingegnere ambientale a capo di un cartello di liste civiche eletto solo all’inizio di ottobre, parla con la consapevolezza che qui è tutto da ricostruire per arrivare alla normalità.

«La macchina amministrativa - spiega Voce - è inceppata: abbiamo 220 impiegati rispetto ai 400 che c’erano e due dirigenti. La municipalizzata dei servizi ambientali ha 117 unità ma è ferma, tutte le discariche sono piene di rifiuti degli altri ma noi non abbiamo dove mettere i nostri. In ogni settore dell’amministrazione c’è una criticità: la raccolta differenziata è ferma al 7%, la spesa del Comune è bloccata per intervento della Corte dei conti, non riusciamo a incassare i tributi. Un disastro. Stiamo cominciando a lavorare: per esempio sbloccando un progetto da 61,7 milioni per la valorizzazione dell’antica Kroton ma è tutto complicato».

Anche sul fronte Covid la situazione è drammatica: «Non riusciamo a processare in tempo i tamponi inviati a Catanzaro - racconta il sindaco di Crotone, che ha fatto un periodo di quarantena perché lui stesso positivo - e quindi il tracciamento è impossibile».

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