Fisco e contabilità

Canelli (Ifel-Anci): «Togliamo subito i vincoli alle risorse per gli asili nido e per il welfare locale»

L'intervista al sindaco di Novara e presidente dell’Istituto per la finanza e l’economia locale

di Gianni Trovati

«Togliamo il vincolo alle risorse per gli asili nido e il welfare, e con una parte di quei soldi rinforziamo il fondo di solidarietà comunale ed evitiamo i tagli ai Comuni». Alessandro Canelli, sindaco di Novara, da presidente dell’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci (Ifel) è abituato a maneggiare i numeri, e a cercare in quelli le soluzioni alle tante questioni che si aprono nella finanza locale. Da leghista, rieletto sindaco nel 2021 con un quasi plebiscito (69,6% al primo turno), non ha poi certo interesse ad animare lo scontro con il governo. I problemi oggi al centro della scena sono due: la distribuzione dei fondi 2023, in cui per la prima volta la «perequazione orizzontale» fra Comuni ricchi e poveri sul piano delle capacità fiscali è fatta senza neutralizzare le (lievi, per ora) riduzioni di risorse a un ampio ventaglio di enti, e il decreto che recupera le somme non spese dai sindaci nel 2021 per i servizi sociali, in base al meccanismo appena bocciato dalla Corte costituzionale (sentenza 71/2023; Sole 24 Ore di sabato). Ma per Canelli la soluzione a entrambi i problemi è la stessa.

Quale?

Partiamo da un dato. La Corte costituzionale ha chiesto di modificare il meccanismo che impone la restituzione dei fondi vincolati allo sviluppo di asili nido e welfare quando il Comune non rispetta i livelli di servizio. Se si liberano quelle risorse, una quota può alimentare il fondo di solidarietà per coprire i buchi che si aprono con la perequazione.

Prima obiezione: quei fondi vincolati sono parametrati a obiettivi di servizio: se entrano nel calderone generale non rischiano di non finanziare più asili nido o servizi sociali? Alla fine, serviranno comunque più soldi?

Non siamo dei pazzi, siamo amministratori e sappiamo bene che bisogna guardare ai saldi di finanza pubblica. Ma lo svincolo dei fondi serve proprio a governare questo processo con più flessibilità.

Seconda obiezione: se la perequazione viene sempre sterilizzata nei suoi effetti, di fatto non viene mai attuata e si rimane alla spesa storica.

Attenzione, anche qui torniamo alla Costituzione. All’articolo 119, comma 3, c’è scritto che la perequazione per aiutare «i territori con minore capacità fiscale per abitante» la deve fare lo Stato, e senza vincolo di destinazione per garantire l’autonomia finanziaria dei Comuni. Se liberiamo quelle risorse attuiamo finalmente la Costituzione e la legge sul federalismo fiscale, la 42/2009, ed evitiamo il paradosso per il quale mentre si va verso l’autonomia differenziata delle Regioni si mantiene una visione ipercentralistica per i Comuni. Lo stesso accade per il personale: i Comuni sono meno attrattivi, anche dei ministeri, perché schiacciati da regole nate dalla mancanza di fiducia. Anche lì servono più autonomia e sanzioni per chi sbaglia.

L’autore della legge sul federalismo è lo stesso Roberto Calderoli che oggi lavora all’autonomia differenziata. Ne avete parlato con lui?

Certo, perché proprio la legge «Calderoli 2» sull’autonomia differenziata offre l’occasione di far ripartire la «Calderoli 1» sul federalismo, che di fatto è stata congelata nel 2012 per la crisi del debito ed è rimasta incompiuta. Ora è possibile completare il lavoro e riportare i fondi comunali sul binario della correttezza costituzionale.

I conti però si fanno al ministero dell’Economia.

Infatti stiamo valutando l’apertura di un tavolo di confronto a tre fra Comuni, Affari regionali ed Economia per arrivare alla soluzione; in fretta, anche per sfruttare il treno della delega fiscale dove per ora manca proprio il capitolo sui Comuni.

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