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Lo stop alle cessioni blocca il superbonus per le villette

I tetti di reddito del quoziente familiare rendono essenziale la cessione dei crediti per avviare i lavori: impossibile per contribuenti della fascia medio-bassa usare gli sconti in dichiarazione

di Giuseppe Latour

Cantieri chiusi per il superbonus dedicato alle villette. Case unifamiliari e immobili indipendenti, in tutte le loro forme, stanno per uscire dai radar della maxi agevolazione al 90 per cento. Una conclusione amara per una storia dai grandi numeri: fino a gennaio del 2023, nel corso dei quasi due anni di vita del superbonus, questi lavori hanno riguardato circa 320mila edifici, per oltre 34 miliardi di investimenti e più di 38 miliardi di detrazioni. Tutto finito, per effetto del decreto blocca crediti (Dl 11/2023) che, a partire dal 17 febbraio, ha congelato le cessioni dei crediti e gli sconti in fattura per tutti i nuovi lavori. Non poter contare su questa strada per liquidare le agevolazioni, infatti, nel 2023 chiuderà la porta ai proprietari di questi immobili. Il motivo è da cercare nelle norme approvate alla fine dello scorso anno: in particolare, nel decreto Aiuti quater (Dl 176/2022). Qui è stata introdotta una proroga per l'accesso delle unifamiliari al superbonus (al 90%) nel 2023, condizionata a quattro paletti: i lavori devono essere stati avviati a partire da gennaio, è necessario intervenire sull'abitazione principale, essere proprietari o titolari di un diritto reale sull'immobile, avere un reddito non superiore a 15mila euro in base al nuovo quoziente familiare.

Proprio il quoziente familiare, sul quale peraltro sono ancora attesi i chiarimenti delle Entrate, rappresenta l'elemento più innovativo di questo rinvio. Ha una struttura diversa rispetto all'Isee, perché considera solo i redditi e non i patrimoni. E si calcola sommando i redditi complessivi dei familiari per poi dividerli per un coefficiente costituito dalla somma di più elementi: il contribuente vale 1, se c'è il coniuge si aggiunge +1 (idem se c'è un convivente o un soggetto unito civilmente), se c'è un familiare a carico si aggiunge +0,5 (che diventa +1 se i familiari sono due e +2 se i familiari a carico sono tre o più). L'effetto pratico è che la somma dei redditi di una coppia con un figlio a carico può arrivare fino a 37.500 euro, che diviso per 2,5 corrisponde appunto al tetto di 15mila euro. Già questo limite di reddito, da solo, restringeva di molto la platea dei possibili beneficiari. In base alle stime realizzate dal Caf Acli per «Il Sole 24 Ore», appena il 14,4% dei contribuenti con un'abitazione principale rispetta questo tetto di reddito. Questi pochi cittadini, però, contavano sulle cessioni e sugli sconti in fattura per far partire i lavori.

Il primo motivo è che contribuenti con un reddito di riferimento di 15mila euro e, in qualche caso, figli a carico, difficilmente hanno la liquidità necessaria per avviare i lavori di ristrutturazione di superbonus (che per questo tipo di immobili costano nell'ordine dei 100mila euro). Se anche fosse superato questo ostacolo, trovando la liquidità necessaria a far partire i lavori, ne arriverebbe un altro, davvero insormontabile: la capacità fiscale. Senza sconti in fattura e cessioni, infatti, i contribuenti sono costretti a utilizzare solo il veicolo delle detrazioni. Devono, insomma, fare tutto con le proprie forze. I ratei annuali di detrazioni prodotti in media dai lavori di superbonus, con doppio salto di classe, sono decisamente ingestibili in dichiarazione a questi livelli di reddito: 31.307 euro (all'anno) per gli edifici unifamiliari e 26.641 euro (all'anno) per le unità funzionalmente indipendenti, in base alle rilevazioni Enea. Il superbonus per villette e simili, insomma, finisce con lo stop alle cessioni del 17 febbraio. Resta solo l'ultima coda dedicata a chi aveva già cantieri aperti a settembre del 2022; dovrà chiudere entro il 31 marzo.

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