Amministratori

Partecipate, il tetto massimo dei compensi si calcola solo su quello della società incorporante

No alla somma del costo del personale totale risultante da quello della due entità

di Anna Guiducci

Nella fusione per incorporazione di una società partecipata in altra società partecipata dalla pubblica amministrazione, avvenuta entro il 31.12.2013, il costo massimo del personale cui fare riferimento è quello della società incorporante, senza che allo stesso si possa sommare quello della società incorporata. In questi termini, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Campania (delibera n. 176/2023) risponde alla richiesta di parere espressa dalla Regione in merito alla possibilità di ancorare il limite annuale massimo per i compensi degli amministratori al costo sostenuto, nel 2013, dalla società incorporante sommato al costo sostenuto, nel medesimo anno, dalla società incorporata.

L'articolo 11 del Tusp ha prefigurato un nuovo sistema per la determinazione dei compensi, demandando a un decreto del Ministro dell'economia (da adottarsi d'intesa con la Conferenza unificata in caso di società controllate dalle Regioni o dagli enti locali) la definizione degli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi per la classificazione delle società a controllo pubblico in un numero di fasce fino a cinque (comma 6), in relazione a ciascuna delle quali dovrà essere stabilito in modo proporzionale il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Fino all'emanazione dell'apposito decreto restano invece in vigore le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 4, secondo periodo, del Dl 95/2012 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 dicembre 2013 n. 166. Secondo quanto disposto dall'articolo 4 citato, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l'80% del costo complessivamente sostenuto nell'anno 2013.

Poichè il filo conduttore della norma è quello del contenimento della spesa, questa finalità sarebbe frustrata se si ammettesse l'interpretazione avallata dal richiedente, ovvero stabilire come parametro la somma del costo del personale totale risultante da quello della due società che sono divenute un'unica entità. Peraltro, questo criterio conterrebbe un ampio margine di aleatorietà, poiché vi sarebbe un solo riferimento temporale (data della fusione per incorporazione) sul quale calcolare l'ammontare del compenso per la governance. Tale criterio contrasta, a parere della Corte, con il parametro di ragionevolezza che deve caratterizzare l'attività amministrativa risolvendosi in una violazione del buon andamento della amministrazione, sancito dall'articolo 97 della Costituzione.

Né a diversa soluzione può condurre la sentenza della Corte di cassazione richiamata dal richiedente (Cassazione sentenza n. 21970 del 2021), la quale ha esaminato l'evento della fusione alla luce della permanenza o meno dei rapporti giuridici in capo alla società fusa sia dal punto di vista processuale che sostanziale.

Se dalla fusione nasce una nuova e più grande entità giuridica che assorbe con continuità i rapporti giuridici facenti capo alla incorporata, ne deriva, sempre secondo i magistrati, che il parametro cui far riferimento è quello del soggetto incorporante, anche per l'estinzione dal mondo giuridico del soggetto incorporato.

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