Personale

Dal programma Ue 1,2 miliardi per le assunzioni nelle Pa del Sud

Entro fine giugno i piani d’azione delle sette Regioni interessate poi i concorsi

di Giuseppe Chiellino

Una delle cause principali delle difficoltà che l’Italia deve affrontare nella realizzazione degli investimenti pubblici è la limitata capacità della pubblica amministrazione. Manca di tutto, risorse umane qualificate, strumenti, adeguati, reti e competenze digitali. Per cercare di porre rimedio a questo problema che limita capacità di spesa delle risorse nazionali ed europee, la Commissione Ue aveva imposto una dozzina di anni fa alle regioni e ai ministeri i Piani di rafforzamento amministrativo. Con risultati non esaltanti. Le regioni li hanno visti solo come un onere in più. Regioni e ministeri, privi delle competenze necessarie, devono continuare a rivolgersi a consulenti esterni, spesso grandi società, con costi importanti.

Nel periodo 2021-27 il programma Governance e capacità amministrativa istituito nel 2014-20 è stato replicato, ma con un nome di verso, Capacità per la coesione (CapCoe per i fanatici delle sigle) e con una dote dimezzata, 1,26 miliardi, tra risorse Ue e nazionali. Gli obiettivi sono gli stessi: rendere più efficiente la macchina amministrativa, dai comuni al livello centrale, e migliorare la capacità di utilizzo dei fondi strutturali europei e nazionali. Il negoziato con Bruxelles per la definizione del programma è stato molto laborioso, ultimo degli oltre 50 programmi nazionali italiani e tra gli ultimi in tutta la Ue. Un ritardo che ha rischiato di provocare una decurtazione delle risorse ancor prima di partire. Le risorse, destinate soprattutto alle regioni del Sud (Campania, Molise, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) finanzieranno almeno 2200 nuove assunzioni, ma anche strutture territoriali di supporto agli enti locali, formazione del personale, i Piani di rigenerazione amministrativa (PRigA), supporto alla governance e all’attuazione della politica di coesione.

Ma prima di sbloccare un miliardo della dote complessiva, Bruxelles vuole vedere effetti concreti e ha imposto una condizione pesante: nel 2027 la spesa totale dei fondi strutturali Ue dovrà essere di 20 punti superiore a quella del 2020, pari al 40%. Si terrà conto anche del numero dei progetti realizzati, su quelli complessivamente finanziati, sempre in rapporto alla programmazione 2014-2020. La maggior parte delle risorse sarà erogata senza rendicontazione dei costi, ma per risultati, sul modello Pnrr. Obiettivi davvero molto ambiziosi su cui comunque l’agenzia e il governo hanno ritenuto di potersi impegnare.

Bruxelles ha chiesto anche di rivedere i meccanismi per le assunzioni, dopo i flop dei concorsi durante il governo Draghi. Il programma stabilisce che i nuovi assunti fasce retributive più elevate e soprattutto la stabilizzazione alla fine del programma che dunque avverrà con risorse nazionali.

Prima delle assunzioni, però, entro fine giugno dovranno essere elaborati piani d’azione per le sette Regioni del Mezzogiorno (le sole interessate da questo meccanismo) per specificare in dettaglio le esigenze – quanto personale, quali profili e qualifiche, personale interno e/o assistenza esterna, in quali organismi. Solo allora potranno partire i concorsi.

Su input del ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, una cinquantina dei nuovi assunti andranno al Dipartimento per la Coesione che oggi conta circa quaranta professionisti. Sempre Fitto ha voluto che il programma finanziasse anche l’istituzione di una scuola di formazione dedicata alla politica di coesione in modo specifico all'aggiornamento continuo di giovani laureati, amministratori e professionisti.

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