Personale

Contratti a termine Pa, prescrizione sotto la lente

Le Sezioni Unite coinvolte sui criteri di calcolo diversi rispetto al settore privato

di Giampiero Falasca

La Cassazione rimette in discussione i tradizionali criteri di calcolo della prescrizione per i lavoratori a termine del pubblico impiego: la sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria del 28 febbraio (6051/23), ha chiesto alle Sezioni Unite di pronunciarsi sul tema, individuando criteri nuovi e diversi rispetto a quelli tradizionalmente applicati dalla giurisprudenza.

La vicenda da cui tra spunto l’ordinanza riguarda un ricercatore che aveva lavorato con diversi rapporti a termine alle dipendenze di alcune pubbliche amministrazioni per poi essere assunto a tempo indeterminato dall’Inail. Dopo l’assunzione il ricercatore chiedeva l’accertamento del diritto all’inquadramento nella fascia stipendiale superiore a quella di assunzione, e il pagamento delle relative differenze retributive; il datore di lavoro eccepiva la prescrizione del diritto al pagamento dei crediti retributivi, ma il Tribunale di primo grado accoglieva il ricorso sul presupposto che il dies a quo decorresse dal momento della stabilizzazione del rapporto di lavoro.

In appello la Corte di Roma ha confermato la decisione di primo grado, ma l’Inail ha proposto ricorso invocando l’applicazione di un criterio diverso per il calcolo della prescrizione dei crediti retributivi, che avrebbe dovuto decorrere già in costanza di rapporto di lavoro. Una richiesta coerente con la giurisprudenza della Corte di legittimità, che più volte, traendo spunto da sentenze della Consulta, ha sostenuto che per il pubblico impiego la prescrizione decorre in costanza di rapporto, al contrario di quanto accade nel lavoro privato.

Sulla base di un articolato e complesso riepilogo dei mutamenti interpretativi, normativi e giurisprudenziali intervenuti nel tempo e della notevole modifica delle condizioni economico-sociali che hanno interessato il diritto del lavoro negli ultimi anni, nonché dell’evoluzione della giurisprudenza della Cedu e della Corte di giustizia europea, l’ordinanza rileva che l’attuale diversità di regime tra lavoro a termine fra privato e pubblico contrattualizzato non trova più giustificazione.

Tale differenza, anzi, secondo l’ordinanza risulta lesiva non solo del diritto Ue ma soprattutto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione) e del diritto al lavoro (articoli 4 e 35 delle Costituzione). Per tale motivo, il Collegio chiede alle Sezioni Unite di decidere se, mutando gli indirizzi precedenti, la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba essere fatta decorrere dalla fine del rapporto di lavoro, a termine o a tempo indeterminato, o, in caso di successione di rapporti, dalla cessazione dell’ultimo, come accade nel lavoro privato.

Inoltre, viene chiesto di decidere se, nell’eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita dalla stabilizzazione presso la stessa Pa, la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dal momento di tale stabilizzazione.

Adesso dovremo attendere la decisione delle Sezioni Unite, che dovranno valutare se sussistono i presupposti per un mutamento di indirizzo, molto più favorevole per i lavoratori a termine, o per la conferma dell’assetto esistente.

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