Fisco e contabilità

Così cambierà l’Irpef comunale: chi perde con la sovraimposta

L’intesa sulla delega fiscale tra partiti e Governo archivia le addizionali locali

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

La trasformazione delle addizionali Irpef non sarà indolore. Il passaggio a una sovraimposta “pura”, senza eccezioni, potrebbe colpire le tasche di molti contribuenti, specie nei Comuni che oggi prevedono fasce di esenzione. La novità è prevista dal disegno di legge delega per la riforma fiscale, atteso martedì 14 giugno al voto in commissione Finanze alla Camera. L’ultimo accordo politico ha ritoccato i criteri di determinazione della sovraimposta massima. Ma – al di là dei tecnicismi – finora si è parlato poco di questo cambiamento, che interessa entrambe le addizionali Irpef, comunale e regionale.

Gli effetti del passaggio

Oggi l’addizionale comunale viene pagata da 25,3 milioni di contribuenti su 41,2 milioni. Questo perché si applica sullo stesso reddito complessivo dell’Irpef, ma colpisce solo chi deve pagare l’imposta nazionale; inoltre, alcuni Comuni non hanno istituito il tributo (1.128 su 7.904) e altri (2.617) hanno previsto fasce d’esenzione per i redditi bassi.

Domani la sovraimposta sarà invece applicata direttamente all’ammontare dell’Irpef netta. Perciò, a meno di correttivi, chiamerà alla cassa anche tutti coloro che ora ricadono in una fascia di esenzione dall’addizionale, ma versano l’Irpef.

Nelle dichiarazioni 2021, i contribuenti tenuti all’Irpef sono 30,3 milioni: 5 milioni in più di quelli che versano l’addizionale. Tra questi 5 milioni c’è la platea di chi rischia di dover pagare per la prima volta la sovraimposta (escluso ovviamente chi vive in città che non impongono l’addizionale e non introdurranno neppure il nuovo tributo).

Ad esempio, oggi a Torino l’addizionale media è 258 euro ed è pagata dall’85% dei contribuenti tenuti a versare l’Irpef, grazie alla fascia d’esenzione a 11.790 euro (delibera 2021). A Milano, invece, la media è 462 euro e la percentuale si ferma al 59% (esenzione fino a 23mila euro).

Le ragioni del cambio

Perché passare alla sovraimposta? Come ha spiegato il direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella (audizione del 30 marzo scorso), l’addizionale Irpef oggi genera diverse distorsioni. Complica i calcoli per cittadini e professionisti. Crea un brusco salto di tassazione per chi ha redditi subito sopra la no tax area. Altera la progressività del prelievo definita a livello nazionale, premiando leggermente i redditi alti nei 3.817 Comuni che applicano l’addizionale con un’aliquota costante, come ha rilevato anche l’Ufficio parlamentare di bilancio (audizione del 20 ottobre scorso).

L’introduzione della sovraimposta avrebbe invece sui contribuenti degli effetti da analizzare caso per caso nei 1.173 Comuni che prevedono un’aliquota dell’addizionale calibrata su scaglioni di reddito (e che in 831 casi hanno anche una fascia d’esenzione). Ma comunque – rileva l’Upb – questo passaggio «dovrebbe determinare un incremento, seppur di lieve portata, della progressività complessiva dell’imposta».

I limiti alla manovrabilità

Cambiando la “base” su cui si applica il tributo, la sovraimposta avrà effetti redistributivi tra i diversi enti: alcuni raggiungeranno facilmente lo stesso gettito che ricavano dall’addizionale, senza dover alzare troppo le aliquote, altri faticheranno parecchio e avranno bisogno di trasferimenti perequativi.

Tutto sta a capire quali saranno per gli amministratori locali i «limiti alla manovrabilità della sovraimposta comunale sull’Irpef», per dirla con il Ddl delega. La versione iniziale del testo fissava il livello massimo del nuovo prelievo in modo tale da garantire ai Comuni nel complesso gli stessi 4,99 miliardi che oggi frutta l’addizionale comunale: il che corrisponde a una sovraimposta del 3,1 per cento. Un livello che – è stato stimato dallo stesso Upb – creerebbe problemi di gettito per circa metà dei Comuni (si veda Il Sole 24 Ore del 25 ottobre scorso).

Da qui il correttivo inserito nel testo oggetto dell’ultima intesa politica. Il nuovo limite di manovrabilità viene determinato in modo tale da assicurare ai Comuni «lo stesso incremento di gettito attualmente garantito dall’applicazione del livello massimo dell’addizionale Irpef». Se tutti applicassero l’addizionale allo 0,8% (e Roma Capitale allo 0,9%), senza esenzioni, il gettito salirebbe a 6,1 miliardi e l’aliquota teorica della sovraimposta passerebbe a 3,85 per cento.

Le scelte sul territorio

I dettagli sono affidati ai decreti delegati, e prima ancora bisognerà attendere il testo definitivo della legge delega. Ma si vede già che – con un margine di manovra al 3,85% – le grandi città non avrebbero problemi a raggiungere lo stesso livello di entrate. E, anzi, avrebbero ancora spazi di aumento.

A Roma, ad esempio, si arriverebbe allo stesso risultato con una sovraimposta del 3,46% (278 euro di media) addossata a tutti i contribuenti che versano l’Irpef, compresi i 238mila che oggi non pagano l’addizionale.

Nei piccoli centri dove i redditi sono più bassi, invece, potrebbe non bastare neppure una sovraimposta del 5 per cento. A Mazzarrone (Catania) servirebbe addirittura il 6,18 per cento. È questo il Comune più penalizzato tra quelli con almeno mille contribuenti Irpef. Ma la situazione non è granché diversa a Zapponeta (Foggia) o San Fratello (Messina), tutte località dove l’addizionale è già oggi allo 0,8% ad aliquota unica ed è pagata da oltre il 90% di chi versa l’Irpef.

Il passaggio alla sovraimposta imporrà scelte ben ponderate anche in quei centri – spesso turistici, con una ricca Imu sulle seconde case e redditi medi elevati – in cui l’addizionale ha fasce d’esenzione molto alte ed è di fatto versata da pochi residenti. A Saint Vincent (Aosta), ad esempio, l’addizionale vale in media 175 euro, ma grazie all’esenzione per chi ha redditi fino a 40mila euro è pagata solo da 437 persone, il 17% dei contribuenti tenuti all’Irpef. Lo stesso gettito potrebbe essere ottenuto con una sovraimposta dello 0,55% (29 euro di media) spalmata su 2.642 persone.

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