Amministratori

Partenariato sociale attivabile dagli enti locali solo con il terzo settore

E per attività di interesse generale comprese nella classificazione normativa del codice di settore

di Alberto Barbiero

Le forme di partenariato sociale attivabili dagli enti locali possono essere realizzate solo con enti del terzo settore e per attività di interesse generale comprese nella classificazione normativa del codice di settore.

Il Dlgs 117/2017 ha razionalizzato il quadro di riferimento per i moduli attraverso i quali le amministrazioni pubbliche (e quelle locali in particolare) possono dare concreta attuazione a forme collaborative, in attuazione del principio di sussidiarietà, con organismi con differente configurazione giuridica, ma connotati dalla caratterizzazione dell'assenza dello scopo di lucro e da particolari regole della propria vita organizzativa, attestati dall'iscrizione nel registro unico nazionale.

La corretta gestione degli strumenti di partenariato regolati dal codice del terzo settore richiede tuttavia una loro precisa individuazione nella normativa, che li identifica nella co-progettazione (disciplinata dall'articolo 55) e nelle interazioni per la valorizzazione dei beni culturali (focalizzate negli articoli 71 e 89), nonché la corretta definizione dei contenuti del rapporto.

Questi elementi sono presi in esame nel quaderno operativo elaborato dall'Anci che traduce in schemi di atti amministrativi e di convenzioni i dati normativi e le più specifiche indicazioni procedimentali definite dalle linee-guida contenute nel Dm 72/2021.

Per la co-progettazione, l'analisi prodotta evidenzia la necessità di una base di partenza, definita dall'ente locale in un documento progettuale, destinato a costituire il riferimento per la proposizione delle indicazioni da parte degli enti del terzo settore concorrenti alla procedura.

Il percorso deve essere adeguatamente pubblicizzato con un avviso, che disciplina lo sviluppo sulla base di una serie di elementi essenziali che devono essere esplicitati al fine di favorire le elaborazioni progettuali in modo compiuto, quali, ad esempio, le ragioni della scelta della co-progettazione, le esigenze sociali, le caratterizzazioni del contesto, ma anche i profili economici riferibili alla futura interazione collaborativa.

Su tali aspetti risulta evidente la configurazione delle risorse messe a disposizione dalle amministrazioni come contributi, apportati seguendo lo schema previsto dall'articolo 12 della legge 241/1990 e non equivalenti a corrispettivi per l'affidamento di servizi a titolo oneroso (come esplicitato anche dall'agenzia delle Entrate).

Nel novero degli strumenti rientrano anche i partenariati per la valorizzazione dei beni culturali (collegati all'articolo 115 del Dlgs 42/2004), che sono attivabili con gli enti del terzo settore non per lo sviluppo di generiche attività promozionali, ma di specifiche attività volte a valorizzare il bene affidato.

In tale rapporto, conseguente anch'esso ad una procedura attivata con avviso pubblico, la collaborazione fa leva sull'affidamento in concessione all'ente del terzo settore del bene culturale, per un periodo non superiore a 50 anni.

Il partenariato sociale per la valorizzazione di beni culturali prevede un piano di gestione, comprensivo anche degli interventi di riqualificazione del compendio e correlato a un quadro dimostrativo dell'equilibrio economico-finanziario della concessione.

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