Amministratori

Salvaguardia occupazionale e know-how acquisito giustificano l'affidamento inhouse

Si tratta del servizio di raccolta e trasporto rifiuti gestito da una società partecipata in un Ambito di raccolta ottimale

di Michele Nico

Con la sentenza n. 65/2022, il Tar Puglia, Sezione I, si è occupato del caso costituito dall'affidamento in house del servizio di raccolta e trasporto rifiuti a favore di una società partecipata da alcuni Comuni dell'Ambito di raccolta ottimale (Aro) nella Provincia di Bari, Ambito istituito dalla Regione Puglia in ottemperanza alla legge regionale 24/2012 per realizzare la gestione unitaria del servizio di igiene ambientale.

La società in questione è stata costituita dai soci nel 2014 e nello stesso anno ha ottenuto l'affidamento in house del servizio da parte dell'Assemblea dell'Aro. Tuttavia, per problemi di raccordo tra i Comuni interessati la società è rimasta inattiva fino al 2020, sicché nel corso dei successivi esercizi finanziari ha registrato soltanto perdite dovute ai costi di remunerazione degli organi sociali, tanto da essere posta, nel settembre 2017, in stato di liquidazione. A seguito di un ripensamento i Comuni soci, nel 2019, hanno deliberato una ricapitalizzazione della società, revocandone nel contempo lo stato di liquidazione. Dopo di che, le omologhe società in house del territorio dei rispettivi enti soci sono state conferite nella società pluripartecipata, che il 25 marzo 2020 ha finalmente ottenuto l'affidamento in house della gestione del servizio nel territorio di tutti i Comuni soci, per la durata di 15 anni. Tale procedura singolare e travagliata ha indotto un operatore economico del settore a proporre ricorso al Tar Puglia, per far valere l'inadeguatezza del quadro istruttorio, l'erroneità e la lacunosità degli elaborati tecnici a supporto dell'operazione, nonché la carenza dell'onere di motivazione rafforzata prescritta dall'articolo 192 del Dlgs 50/2016.

Il Tar ha rilevato che nel caso in esame l'opzione dell'affidamento diretto inhouse è risultata coerente con l'onere di istruttoria e motivazione imposto alle stazioni appaltanti dall'articolo 192, comma 2, del Dlgs 50/2016. Questo perché la relazione ex articolo 34, comma 20, del Dl 179/2012 e il piano industriale approvati hanno svolto una comparazione delle possibili alternative per la gestione del servizio, mettendo in luce che l'affidamento «tramite gara pone di fronte a una forte incertezza sul risultato finale che non permette di salvaguardare a priori, né il livello occupazionale, né il know-how acquisito nel tempo, né tanto meno la flessibilità finora garantita dall'attuale gestore». Di contro, continuano i giudici, «la gestione in house (…) non pone problemi di governance essendo la compagine costituita interamente da soci di tipo pubblico», consentendo una partecipazione e un controllo sulla gestione più penetranti rispetto ad altre soluzioni gestionali, nonché una maggiore flessibilità nell'organizzazione delle attività insite nel rapporto organico tipico dell'inhouse providing.
Infine, il collegio ha rilevato che il ricorso al mercato implica per l'amministrazione un onere economico corrispondente all'utile di impresa richiesto dal socio, diversamente dalla società inhouse che opera non per fini di lucro ma per realizzare gli obiettivi d'interesse pubblico.

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