Riforma del Tesoro, per il Consiglio di Stato strategia non chiara e rischio di duplicazioni
Il parere è favorevole ma succerisce «una parziale riformulazione» del Dpcm
Il Consiglio di Stato dà parere positivo alla bozza di Dpcm che spacchetta il Tesoro creando al Mef il nuovo dipartimento per l’Economia. Ma lo fa con scarso entusiasmo, e con un ricco corredo di osservazioni che lo portano a evocare una «parziale riformulazione» del testo. Per la riforma del ministero annunciata il 19 gennaio con la nomina di Riccardo Barbieri Hermitte al vertice del Tesoro e avviata il 16 marzo con l’esame in consiglio dei ministri della bozza di Dpcm, i tempi sembrano insomma ancora non brevi. Anche perché in culla c’è ora pure il sesto dipartimento di Via XX Settembre, quello dedicato alla Giustizia tributaria e introdotto con emendamento al decreto Pa approvato alla Camera e ora passato al Senato per l’ok finale. Il Dpcm esaminato dal Consiglio di Stato, scritto tre mesi fa, ovviamente non lo contempla. Ed è da capire come la nuova modifica si coordinerà con quella prospettata dalla bozza di Dpcm nella geografia del Mef diventata parecchio mobile dopo molti anni di calma. Mobile sulla carta, per ora, perché sul piano pratico il Tesoro appare appunto destinato a operare ancora per un po' con il suo tradizionale portafoglio di competenze.
Secondo lo schema in discussione, al nuovo dipartimento dell’Economia dovrebbero andare le attività oggi svolte dalle direzioni VI e VII del Tesoro, che sarebbero articolate però in tre filoni dedicati a «interventi finanziari in economia», cioè i sostegni pubblici alle imprese e la vigilanza su enti e fondazioni non bancarie, partecipazioni societarie, da cui passano le nomine delle società del Tesoro e la gestione della riforma delle aziende locali, e valorizzazione del patrimonio.
Ai giudici del Consiglio di Stato non paiono chiarissime le ragioni di tutto questo. Perché, scrivono muovendo un’obiezione di fondo al progetto, «la relazione illustrativa si limita a motivare tale rilevante intervento» con un obiettivo di «razionalizzazione» ma non «fornisce elementi che consentano di riconnetterlo alle priorità e alle attività strategiche contenute nell’Atto di indirizzo del 26 gennaio, il quale del resto tace sul punto».
In un contesto del genere, il rischio è quello di duplicazioni. Sul Pnrr, per esempio, sul quale l’insieme di funzioni di consulenza e supporto attribuite al nuovo dipartimento dell’Economia «si ritrova con identica formulazione» fra i compiti del Tesoro al punto che per il Consiglio di Stato sarebbe necessaria «l’elaborazione di criteri atti a distinguere i progetti previsti dal Pnrr, nonché i progetti strategici di investimenti, ascrivibili alla competenza dell’uno ovvero dell’altro» dipartimento. Oppure sulla «valutazione degli impatti degli interventi finanziari», che resta un compito importante del Tesoro ma viene affiancata dalla «analisi di impatto delle politiche sull’economia reale» attribuita al nuovo dipartimento. «Sorge il quesito su quale sia il discrimine» fra le due attività, si legge nel parere. Che però non può offrire risposte.