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Utility, la scure delle garanzie sui conti delle società elettriche

L’esplosione e la volatilità dei prezzi mette alle corde chi vende energia a termine, costretto oggi a fornire collaterali 10 volte superiori rispetto a un anno fa con riflessi sul capitale circolante

di Cheo Condina e Jacopo Giliberto

Due numeri a confronto, cui ne seguono a cascata tanti altri. Il 1 settembre 2021, un anno fa, il future elettrico a un anno trattato in Germania costava 73,64 euro per mille chilowattora. Un anno dopo, il 26 agosto 2022, costava 985 euro. Differenza: il 1.240% (arrotondato), più di dieci volte tanto. Il future elettrico tedesco è uno dei derivati di riferimento che in Europa servono a costruire le garanzie bancarie, le fideiussioni, i crediti per la liquidità, le coperture dal rischio prezzo, le margin call e tutti i meccanismi pagati dalle aziende energetiche, e soprattutto da chi acquista e rivende corrente elettrica oppure — nel caso dei produttori termoelettrici — acquista gas da bruciare nelle centrali per trasformarlo in elettricità.

Gli avvisi lanciati dalle aziende energetiche finlandesi, svedesi e tedesche; l’allarme dell’Eurelectric o l’intervento difensivo del Governo svizzero; le attenzioni su Uniper, Centrica, Equinor, Axpo: sono sintomi della sofferenza del settore.

Le garanzie da fornire, per chi opera sui mercati internazionali dell’elettricità, per esempio vendendola a termine, sono due: il cosiddetto initial margin, recentemente aumentato dal 17% al 21% dell’ammontare del contratto, e il margin call, cioè la differenza tra il prezzo stabilito dal contratto future e quello di mercato. È evidente che l’esplosione delle quotazioni dell’elettricità sui mercati hanno gonfiato a dismisura entrambi questi cash collateral. Con un’aggravante: sempre più spesso in Italia le cosiddette clearing bank, che gestiscono e di fatto garantiscono le posizioni delle utility sull’initial margin, hanno rincarato i servizi (anche del 40-50%) alla luce della volatilità dei mercati.

Estremo sunto di questa giungla involontaria di anglismi finanziari e cifre: rispetto a un anno fa l’ammontare delle garanzie complessive richieste alle utility sui mercati future è esploso, per alcune di 5 volte, per altre di 8, per altre di 10 volte; per i più grandi si misura a centinaia di milioni di euro, in qualche caso a miliardi. In aggiunta, con l’autunno e la scadenza dei contratti non tutte le aziende energetiche sono sicure di poter rinnovare le forniture.

Numeri sfrontati, che si riflettono inevitabilmente sul livello di circolante delle aziende, mettendo in seria difficoltà quelle meno solide e spingendo comunque le altre ad approfondite riflessioni sulle geometrie del capitale. E numeri su cui si ritrovano operatori come A2A, la valdostana Cva, l’altoatesina Alperia, la milanese Sorgenia; aziende con silhouette opposte come la bolognese Illumia, trader del mercato libero dei consumatori, e la Tirreno Power, produttore termoelettrico che non si rivolge alle famiglie.

Sorgenia precisa che la situazione «è pienamente sotto controllo, poiché possiamo contare su risorse più che adeguate per far fronte alla situazione», mentre A2A fa notare come «la prudente gestione di cassa ha permesso di affrontare e superare questo periodo di forte instabilità», avvisando tuttavia che «in una situazione in cui i prezzi delle commodity dovessero crescere in modo repentino ed improvviso oltre i valori di picco sperimentati in agosto, serve un intervento di sistema».

Chi opera sui future dell’elettricità adotta un approccio “prudente e industriale” fissando una curva di ricavi nel triennio successivo, coprendosi appunto attraverso i derivati. Tuttavia, la volatilità e la speculazione hanno completamente snaturato questa funzione dei mercati, generando invece un danno altissimo in termini di garanzie a cui va aggiunta la perfidia della tassazione sui cosiddetti extraprofitti.

Ecco Marco Bernardi, presidente dell’azienda energetica bolognese Illumia: «Noi da tempo ci concentriamo su clienti che non ci espongono a coperture finanziarie, ma agli operatori viene chiesto dagli istituti finanziari di accantonare maggiore liquidità (collaterale) legata all’andamento giornaliero dei prodotti finanziari acquistati per coprire le posizioni dei clienti. Sostanzialmente ci si trova nel paradosso per cui per annullare il rischio mercato si corra un rischio finanziario dovuto alle significative oscillazioni giornaliere dei prezzi. L’esito è dover supportare margin call giornaliere, ovvero necessità di liquidità crescente quotidiana da versare all’aumentare dei prezzi».

Secondo Fabrizio Allegra, amministratore delegato della Tirreno Power, molte aziende sono esposte al «rischio liquidità. Il prezzo del gas, cresciuto anche 20 volte, impone un incremento notevole di fabbisogno di circolante. Le linee di credito erano commisurate a un business con valori e volumi diversi».

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