Fisco e contabilità

Redditi, il rimbalzo spinge il Nord - In Lombardia (+5,1%) ripresa al top

Tra le grandi città Milano (+6,1%) guida la classifica di aumento degli imponibili seguita da Genova (+5,3%) e Torino (+5%). Napoli, Bari, Roma e Palermo in fondo alla graduatoria

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Le dichiarazioni dei redditi pubblicate la scorsa settimana dal dipartimento Finanze segnano tassi di incremento degli imponibili sconosciuti alla storia italiana degli ultimi decenni. La dinamica è figlia ovviamente del rimbalzone vissuto dall’economia nel 2021, fotografato dalle dichiarazioni dello scorso anno. Ma i fenomeni più interessanti emergono dall’analisi della geografia degli imponibili, che sia nelle città sia negli aggregati regionali è concorde nell’indicare che la ripresa si è concentrata a Nord. E che di conseguenza la forbice fra il reddito medio delle aree settentrionali e quello del Mezzogiorno è tornata a crescere, raggiungendo un nuovo massimo storico. Ecco un’altra sfida per il Pnrr.

In corsa 

Basta la classifica delle dinamiche regionali a inquadrare la questione. Nel 2021 la dichiarazione media dei 7,33 milioni di contribuenti lombardi si è attestata a quota 26.620 euro. La Lombardia primeggia nell’imponibile pro capite, ma la notizia non è qui. Il punto più importante è rappresentato dalla variazione annuale, che vola al +5,1% in termini nominali e al netto dell’inflazione dell’anno (1,9%) indica un +3,4%.

I redditi dei lombardi sono quelli cresciuti in modo più intenso in Italia. Viaggiano a un ritmo di circa un sesto superiore alla media nazionale (+4,5% nominale; +2,9% al netto dell’aumento dei prezzi), che però è spinta al rialzo dalle regioni centrosettentrionali. A tallonare i guadagni di Milano e dintorni sono infatti liguri e toscani (+4,9%, +3,2% senza inflazione), seguiti da un’altra coppia di regioni costruita da Veneto e Marche (+4,8% nominale, +3,1% reale). Emilia-Romagna e Piemonte chiudono l’elenco dei territori che crescono più della media italiana. Tutto il Mezzogiorno si ferma invece sotto.

In crisi

Il dato peggiore si incontra in realtà nella piccola Umbria, dove a guardare le dichiarazioni Irpef anche il 2021 della supercrescita italiana, la più alta dal Dopoguerra, è stato in realtà un anno di crisi. Con il loro aumento stentato dell’1,4% nominale, gli imponibili umbri non sono nemmeno riusciti a tenere il passo di un’inflazione ancora modesta nel 2021, e hanno chiuso con una crescita reale negativa dello 0,2%. Ma anche al di là dell’eccezione umbra, sono molti i territori che non sembrano aver condiviso in termini reddituali la performance spumeggiante dell’economia italiana, e sono quasi tutti nel CentroSud. Il Lazio si ferma a un +3,8% (+2,2% reale), che indica un ritmo di quasi il 15% inferiore a quello medio nazionale, e poco meglio vanno Sardegna (+4%; +2,4% al netto dei prezzi) e Sicilia (+4,1%, +2,5% reale). Più vicine alla media italiana sono invece Calabria, Puglia e Campania, che oscillano fra il +4,3% e il +4,4% nominale (e il +2,6% e il 2,8% reale; la trasformazione tiene conto anche dei decimali successivi al primo indicato in tabella).

Le città

Lo zoom sulle singole città conferma il quadro tracciato a livello regionale. Tra le grandi Milano non conosce rivali sia in termini assoluti (33.703 euro di dichiarazione media) sia nell’aumento annuale, che con un +6,1% (+4,1% reale) segna un’impennata quasi doppia a quella vissuta da Roma (+2,2% al netto dell’inflazione, +4,1% al lordo). Peggio della Capitale fa Palermo (+3,5% e +1,6% la crescita nominale e reale), Bari pareggia con Roma e Napoli registra numeri solo marginalmente migliori (+4,3% e 2,3%) con il risultato che anche tra le metropoli il quadro è sempre lo stesso: Milano, Genova, Torino, Firenze e Bologna corrono più della media italiana, Napoli, Bari, Roma e Palermo registrano invece risultati peggiori rispetto a quelli generali del Paese. Se si allarga il panorama delle città analizzate, come nella tabella qui a destra che esamina i 100 principali Comuni italiani per numero di contribuenti, le variabili locali com’è naturale rendono il quadro più variegato, e il primato per aumento dei redditi va ad Altamura (Bari) con un +7,3% (+5,3% calcolando l’inflazione). Tra i capoluoghi però la palma torna in Lombardia, a Bergamo (+6,8%; +4,8%), seguita da Rimini (+6,7%), mentre al fondo della classifica si incontrano Terni e Perugia (si è citata sopra l’eccezione umbra) insieme a Taranto, Siracusa, Brindisi e alle tante città meridionali che affollano le parti basse della graduatoria come Messina, Foggia o Salerno.

L’economia reale

Una dinamica del genere è il frutto evidente delle diverse configurazioni delle economie territoriali, che al Nord sono più intensamente esposte all’altalena subita da manifattura e servizi nel crollo pandemico e nella successiva ripresa mentre soprattutto nel Lazio, e in termini relativi anche nelle regioni meridionali, sono influenzate dalla dinamica reddituale più stabile del settore pubblico, che pesa di più perché quello privato è più rarefatto. In Lombardia l’ultimo conto annuale della Ragioneria generale registra 4.017 dipendenti pubblici ogni 100mila abitanti, contro i 4.960 della Campania, i 6.019 della Calabria e i 7.048 del Lazio; lo stesso fattore aiuta a spiegare la collocazione eccentrica di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige, regioni in cui grazie anche agli Statuti speciali i dipendenti pubblici toccano il record di 8-9mila ogni 100mila abitanti. Il reddito di cittadinanza e l’ampio ventaglio dei sussidi emergenziali hanno poi attutito soprattutto a Sud il colpo economico del Covid, e il rimbalzo successivo.

Distanze in aumento

Resta il fatto che la ripresa economica dopo il virus segue le solite direttrici orientate a Nord, e restituisce un Paese sempre più spaccato anche sul piano dei redditi.

L’anno scorso la dichiarazione media delle regioni meridionali si è fermata a 17.986 euro, il 72% dei 24.969 euro medi registrati a Nord. Dieci anni fa lo stesso rapporto era di un punto superiore, al 73%, mentre il contribuente-tipo calabrese ha dichiarato il 61,2% rispetto al suo omologo lombardo.

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