Fisco e contabilità

Cartellino rosso della Cedu sui debiti non pagati dal sistema autonomistico

La Corte chiama di fatto l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e la Corte dei conti a una maggiore attenzione

di Ettore Jorio

La giurisprudenza Cedu, in materia di ineludibile responsabilità dello Stato sulla soddisfazione dei debiti contratti e non pagati dal sistema autonomistico (ricorsi nn. 36175/21 e 36691/21 e n. 27881/10) al lordo delle società comunque partecipate e degli enti del Ssn, chiama di fatto l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e la Corte dei conti a una maggiore attenzione. La prima, nell'esercizio dei poteri, attribuitile dall'articolo 21-bis, comma secondo, della legge 287/1990, di esprimere pareri motivati suscettibili di tutela giudiziale se non osservati. La seconda, in relazione al Tusp. Entrambe chiamate pertanto a esprimere, a diverso titolo, valutazioni sulle singole iniziative deliberate delle Regioni e degli enti locali intese a generare società a partecipazione pubblica.

La creatività non è un ingrediente della Pa
Il Giudice dei diritti dell'uomo ha detto decisamente di no, seppure indirettamente, alla creatività, sino a oggi espressa da diversi enti territoriali, di costituire società pubbliche non già per conclamata utilità pubblica bensì, principalmente, per eludere i divieti occupazionali, funzionali a rimpinguare gli organici delle medesime al di là dei fabbisogni reali. Non solo. Anche peggio, nell'ipotesi di acquisizioni di partecipazioni, anche indirette ovvero strumentali a produrre aggregazioni di ogni genere - con particolare riferimento alle fusioni, sia per unioni che per incorporazioni - finalizzate a spostare l'attenzione dei controlli su imbarazzanti situazioni dei bilanci delle società acquisite ovvero di parte di esse. Tutto questo con una grave assunzione di responsabilità che - per come sancito dalla Cedu - potrebbero causare un appesantimento dei bilanci consolidati dell'ente territoriale, con conseguente obbligo di rifondere poi il pagamento intervenuto da parte dello Stato di tutto l'impagato oltre gli oneri. Di corrispondere quel saldo debitorio al tempo sottovalutato attraverso l'applicazione di pratiche successorie elusive, nei confronti delle quali il giudice europeo ha alzato la paletta rossa. La Cedu lo ha fatto tanto da imporre risarcimenti finanziari persino in favore dei creditori penalizzati nel quantum attraverso transazioni comunque perfezionate, spesso in caso di loro assoluto bisogno. In quanto tali determinate a fronte di stati di irreversibile crisi finanziaria degli imprenditori interessati, di frequente falliti con conseguente messa sul lastrico dei lavoratori dipendenti.

Un passato improprio che esigerà il conto
Dunque, dissesti degli enti locali con conseguenze sacrificali del ceto creditorio, fallimenti causati da una Pa pessima pagatrice, procedure pluriennali di risanamento (predissesti) proceduralmente lesive dei diritti di credito commerciali e professionali, società pubbliche che hanno avuto origine da acquisizioni di partecipazioni a prezzo stracciato ovvero dall'esigenza di celare e/o differire artatamente il pagamento dei debiti potranno essere tutti oggetto di istanze pesantemente risarcitorie.
Al riguardo, è infatti facile immaginare, a seguito della giurisprudenza formatasi a cura della Cedu, un diverso impegno nello studiare e giudicare tutte le iniziative dirette in tal senso sia da parte della Agcm che dalle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

I compiti a casa saranno più gravosi
Sarà un esame – ma già lo era da sempre - non affatto limitato all'aspetto giuridico della motivazione che, come si sa, la si trova comunque. Dovrà essere analizzato in profondità, in quanto tale caratterizzato da processi analitici difficili e complessivi, perché non limitato in corrispondenza dei principi di efficienza, efficacia e di economicità, riassunti in quello del buon andamento, vantato sino ad oggi con troppa facilità e superficialità. Ciò in quanto da un adempimento di questo genere dovrà venire fuori la condivisione o meno delle istituzioni (Agcm e Corte dei conti) chiamate a esprimersi, rispettivamente, sulla mancata lesione delle ragioni della libera concorrenza e sulla utilità pubblica dell'iniziativa. Quest'ultima estesa ad una accurata valutazione prospettica del successo "imprenditoriale" della neoimpresa e alla certezza che la stessa non sia viziata da argomentazioni politiche ovvero, peggio ancora sul piano delle responsabilità anche penali, strumentali a celare decozioni, che potranno costare tantissimo al sistema Repubblica. Ciò con uno Stato costretto a pagare, prosciugato così importanti risorse altrimenti utilizzabili, e poi a rivalersi su Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, divenuti da un po' di tempo imprenditori improvvisati.

Occorre il modo per impedire lo sfascio
La Corte dei conti dovrà pertanto assumere, da oggi in poi, un ruolo più incisivo sia nelle procedure costitutive di società pubbliche che nell'acquisizione di partecipazioni sociali. Ciò nonostante che il suo parere non sia vincolante, dal momento che avrà modi, occasioni e tempi per sottolineare le responsabilità di non adesione da parte delle Pa procedenti, sia nel corso del controllo diretto sugli enti locali che nel corpo del giudizio di parificazione dei rendiconti regionali. Insomma, la Corte di Strasburgo è andata oltre la solita tirata di orecchie, ha estratto il cartellino rosso.

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