Fisco e contabilità

Irap degli enti pubblici, la conversione del Decreto Semplificazioni non ripristina integralmente le modalità di calcolo

La modifica non corregge integralmente l'effetto negativo sull'imposizione degli enti locali

di Marco Nocivelli

La modifica in sede di conversione dell'articolo 10 del Decreto Semplificazioni non corregge integralmente l'effetto negativo sull'imposizione Irap degli enti locali, così come di tutte le pubbliche amministrazioni che versano l'imposta mediante il calcolo della base imponibile con il sistema cosiddetto retributivo di cui all'articolo 10-bis del Dlgs 446/1997 (si veda Nt+ Enti locali & edilizia dell'8 luglio).

L'articolo 10 del Dl 73/2022, intitolato, si badi, "Semplificazioni in materia di dichiarazione IRAP", nella versione approvata a giugno dal Governo prevedeva indistintamente, nel restyling dell'articolo 11 del Dlgs 446/1997, la deducibilità per talune categorie di lavoratori «in relazione a soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato…». Ciò perché è il comma 4-octies a stabilire la piena deducibilità, benché soltanto a favore di imprese e professionisti (o degli enti pubblici che possono optare per il sistema "commerciale" ex articolo 10-bis, comma 2), del «costo complessivo per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato».

Così come scritto il nuovo articolo 11, nel conteggio della base imponibile Irap degli enti pubblici non commerciali sopravveniva la perdita integrale della deduzione della spesa del personale dipendente assunto a tempo indeterminato appartenente alle specifiche categorie previste dalla norma, in particolare quella dei disabili. Un aggravio d'imposta ovviamente proporzionato alla dimensione dell'ente, mediamente misurabile in 200.000 euro in un Comune con la stessa cifra di abitanti.

La conversione in legge del decreto ha posto rimedio in gran parte, reintroducendo la deducibilità senza alcuna discriminazione a svantaggio del personale assunto a tempo indeterminato (come logica voleva che fosse), non mediante la modifica del comma 4-octies (riservato ad imprese e professionisti) ma estendendo integralmente la deducibilità nel comma 1, lettera a), n. 5) «per i soggetti che determinano il valore della produzione ai sensi degli articoli 10, comma 1, e 10-bis, comma 1».

Tuttavia, l'adozione di questa tecnica normativa non ha ripristinato del tutto la modalità di calcolo della base imponibile preesistente poiché il legislatore non ha corretto anche il n. 1) della lettera a), cosicché sono ammessi in deduzione «in relazione a soggetti diversi dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro». Riprendendo il riferimento di un Comune di 200.000 abitanti, il maggior onere derivante dall'esclusione dei premi pagati per il personale assunto a tempo indeterminato, è orientativamente di 25/30.000 euro. Cifra assai più elevata in una media azienda sanitaria regionale, notoriamente con incidenza della forza lavoro assai elevata.

Va detto che la deduzione dei premi Inail dalla base imponibile determinata base all'articolo 10-bis del Dlgs 446/1997, negata dall'amministrazione finanziaria sin dagli albori dell'Irap, è stata una conquista a suon di sentenze della Cassazione (tutte pro contribuente) emesse negli ultimi anni (tra queste nn. 15036, 15037, 29867 del 2017; n. 11021 del 2019). Cosicché ora si tratta della perdita, seppur limitata, di un beneficio che, causa una norma volutamente ideata per semplificare, paradossalmente aggraverà il carico fiscale di enti già alle prese con una gestione corrente in precario equilibrio.

Oltretutto l'articolo 10 del Dl n. 73 stabilisce che le novità dell'articolo 11 del Dlgs n. 446 si applicano già alla dichiarazione Irap per il 2021, quindi ad annualità chiusa da tempo. Sorvolando sulla (dubbia) applicabilità anche al caso descritto della precisazione introdotta con la conversione in legge – «ferma restando, per detto periodo, la possibilità, ove ritenuto più agevole, di compilare il modello IRAP 2022 senza considerare le modifiche introdotte» – non pare azzardato riflettere sul fatto che, Statuto dei diritti del contribuente alla mano, l'inasprimento avrebbe ricaduta soltanto dal 2023. Infatti, l'articolo 3 della legge 212/2000, non espressamente derogato dal Dl n. 73, stabilisce che «Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono».
Si profila un nuovo caso di incertezza fiscale di cui, certamente, non c'era bisogno.

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