Fisco e contabilità

Lo stato di crisi degli enti locali sotto la lente dei commercialisti

di Federico Gavioli

La Fondazione nazionale dei Commercialisti ha pubblicato sul proprio sito il documento di ricerca «Lo stato di crisi degli Enti locali». Lo studio è suddiviso in tre parti composte rispettivamente dall'introduzione, da una seconda parte dove è tracciato un quadro dell'evoluzione storica del dissesto degli enti locali e, infine, nella terza parte, dove si riscontra una fotografia della situazione attuale.

Introduzione
Nell'introduzione dello studio viene evidenziato che il tema degli enti locali «in crisi» è da molti anni oggetto di analisi e recentemente la questione è tornata ad assumere rilevanza in ragione del fatto che un numero crescente di comuni, anche di grandi dimensioni, presenta nei propri bilanci elementi di squilibrio che mettono a rischio la certezza di assicurare l'assolvimento delle funzioni e garantire i servizi indispensabili.

L'evoluzione storica del dissesto finanziario
Lo studio del Cndcec si sofferma sull'evoluzione storica del dissesto finanziario; l'istituto del dissesto finanziario è stato introdotto in Italia nel 1989 con il decreto legge 66/1989, convertito con modificazioni nella legge 144/1989, e rappresenta una “procedura fallimentare” specifica per gli enti locali che non sono più in grado di rispettare le obbligazioni giuridiche assunte nei confronti di terzi e di porvi rimedio in modo autonomo, ma soprattutto che non sono più nelle condizioni di assicurare l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ai propri cittadini.
Con la legge 66/1989 «Risanamento finanziario delle gestioni locali e disposizioni varie», gli enti locali in stato di deficit e impossibilitati a ripianare le condizioni debitorie hanno fatto ricorso alle misure “incentivanti” previste, con l'assunzione di mutui per il risanamento e la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento; come si evince dallo studio del Cndcec, l'utilizzo di tali finanziamenti ha fatto sì che il numero degli enti in dissesto abbia raggiunto livelli molto alti per poi subire una contrazione intorno agli anni 2000.
Il Legislatore, osserva lo studio del Cndcec, è poi intervenuto con il decreto legge 8/1993, che ha consentito di sbloccare l'immobilismo creatosi in seguito a procedure di risanamento congelate e, quindi, di delibere di dissesto che non trovavano attuazione. Più recentemente il Legislatore è intervenuto con misure che hanno attribuito nuove e maggiori responsabilità agli enti locali con l'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica: un primo intervento è rappresentato dal Dlgs 6 settembre 2011 n.149, che ha introdotto il cosiddetto “dissesto guidato” quale procedura per velocizzare l'attuazione dei necessari provvedimenti normativi da parte degli amministratori nel caso di condizioni finanziarie critiche. Sicuramente un intervento molto importante è stato quello contenuto nel Dl 174/2012, che ha ampliato le fattispecie previste dal Tuel prevedendo per gli enti un'ulteriore possibilità di affrontare la situazione di difficoltà finanziaria con misure preventive che possano evitare il default dell'ente stesso: è stata introdotta, con l'aggiunta al Tuel degli articoli 243-bis e seguenti, la «procedura di riequilibrio finanziario pluriennale» (cosiddetto pre-dissesto o anti-dissesto). Successivamente il decreto legge 174/2012 ha, inoltre, introdotto uno strumento di carattere ordinario, ovvero la riorganizzazione del sistema di controlli interni attraverso la modifica degli articoli 147 e 148 del Tuel e il rafforzamento di quelli esterni mediante il riconoscimento alle sezioni regionali della Corte dei conti di un maggiore ruolo di controllo.

La situazione attuale
Il documento del Cndcec si avvale di grafici e dati dimostrativi per meglio descrivere la situazione delineata, ma anche per mostrare con più evidenza l'inadeguatezza degli strumenti normativi ad oggi posti in essere per prevenire le situazioni di crisi. È questo il contenuto della terza parte, che, pertanto, proprio partendo dalle problematiche ancora aperte, arriva a formulare alcune significative proposte di intervento. In particolare il documento propone:
-la rivisitazione dei parametri di deficitarietà con un duplice obiettivo: individuazione di indicatori più stringenti in grado di far emergere tempestivamente situazioni di squilibrio e di rispondere alla loro funzione di allarme preventivo sulla situazione contabile degli enti;
- introduzione del “rating della salute finanziaria”: la revisione dei parametri di deficitarietà potrebbe essere condotta individuando tre livelli di rilevanza degli indicatori differenziando, quelli «di primo livello» (residui attivi, passivi, anticipazione), di «secondo livello» (debiti di finanziamento, spese di personale, procedure di esecuzione forzata), di «terzo livello» (debiti ai fornitori, altri parametri da individuare);
-rafforzamento dei controlli nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti che rappresentano, la categoria di enti nella quale si concentra l'ampia maggioranza dei casi di deficitarietà, pre-dissesto e dissesto.

Lo studio della Fondazione nazionale commercialisti

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