Fisco e contabilità

Asili, aggiudicazioni verso l’80%. I sindaci: «Nessun ritardo»

Decaro (Anci): «Non siamo disposti a rinunciare ai 264mila nuovi posti»

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Gli asili nido del Pnrr promettono di diventare la battaglia campale intorno alla quarta rata dei fondi Ue, e più in generale intorno alla giostra delle responsabilità sui rischi di inattuazione del Piano. Contribuisce a questo ruolo il forte valore simbolico della misura, che punta a colmare uno dei più gravi ritardi strutturali italiani in uno snodo fondamentale delle politiche per la famiglia, e la genesi delle difficoltà, piuttosto oscura ai non addetti ai lavori.

Sul punto nella sua informativa di ieri il ministro del Pnrr Raffaele Fitto ha usato toni netti. «Stiamo lavorando per salvare gli asili nido - ha detto - «dopo i ritardi evidenti accumulati in fase di selezione». Basta un giro di telefonate con gli amministratori locali per capire che l’allarme non è condiviso dagli amministratori locali. «Non siamo disposti a rinunciare all’obiettivo di garantire alle famiglie italiane 264mila nuovi posti negli asili nido», ha fatto sapere in serata il presidente dell’Anci Antonio Decaro sottolineando che «i Comuni non sono in ritardo». Come stanno le cose?

Partiamo dal principio. In gioco per asili nido e scuole dell’infanzia ci sono 4,6 miliardi, di cui 3 generati dal Pnrr e 1,6 già previsti dalla programmazione nazionale confluite nel piano e nei fondi di sviluppo e coesione.

La prima scadenza era fissata al 28 febbraio 2022, data entro la quale i Comuni avrebbero dovuto presentare i progetti per le nuove strutture. Il termine è stato prorogato al 31 marzo, e un secondo slittamento al 31 maggio ha riguardato le Regioni del Sud che pur essendo le più povere di posti in rapporto alla popolazione sono state anche le meno pronte a presentare progetti. Il dato non è stupefacente se si pensa al crollo degli organici che ha colpito soprattutto gli enti meridionali, e al fatto che la storica assenza di un servizio riduce la pressione della domanda e anche la capacità progettuale.

Poi la palla è passata al ministero dell’Istruzione, che il 16 agosto 2022 ha pubblicato le graduatorie con 2.190 interventi da finanziare (333 scuole dell’infanzia e 1.857 fra asili nido e poli) in circa 2mila Comuni. In ogni ente l’importo medio delle opere viaggia intorno agli 1,4 milioni, non esattamente una cifra ingestibile.

Dopo Ferragosto è iniziato però un lungo stallo, che ha portato solo a fine ottobre allo scioglimento delle riserve nelle ammissioni e quindi alla stipula delle convenzioni indispensabili per l’avvio dei progetti. Fin qui la distribuzione dei ritardi fra ministero ed enti locali. «I Comuni titolari degli interventi - riassume Decaro - hanno dovuto aspettare quattro mesi prima che fosse possibile sottoscrivere le convenzioni con il ministero, e da quel momento sono stati concessi loro solo sei mesi per redigere i progetti, attivare le gare e aggiudicare i lavori».

Ma il punto nodale è ora un altro. Entro il 30 giugno, come da target Ue anticipato a maggio da una scadenza italiana per dar tempo ai controlli, va aggiudicato il 100% dei lavori. È un obiettivo praticabile? A sentire le parole di Fitto si direbbe di no, mentre a Decaro «non risulta ci sia un particolare allarme sulle scadenze».

Dati ufficiali al momento non esistono. Ma nelle riunioni tecniche dei giorni scorsi i monitoraggi ministeriali hanno indicato un tasso di aggiudicazione dei lavori che già oggi viaggia intorno al 75-80 per cento. Una grossa mano è arrivata da Invitalia, che ha portato al traguardo due procedure per 390 interventi (ricevendo peraltro 899 offerte). Da dove nasce allora l’allarme?

Ovviamente quando i soggetti attuatori sono più di 2mila, un target che chiede il 100% delle aggiudicazioni è un problema perché l’inciampo è dietro l’angolo, e il negoziato appena concluso sulla terza rata ha mostrato che i margini di flessibilità negli esami comunitari sono risicatissimi. Per questa ragione nelle riunioni tecniche il ministero dell’Istruzione avrebbe proposto di ipotizzare una soglia alta ma non totalitaria, che una volta raggiunta permetterebbe di salvare anche la minoranza di interventi in ritardo concedendo un tempo supplementare. Il timore di Palazzo Chigi è però che l’idea non sfondi a Bruxelles, e difficilmente sarà portata avanti in assenza di un via libera per iscritto dai tecnici della commissione. Nell’attesa, la prossima settimana sarà avviato un nuovo monitoraggio sulle aggiudicazioni.

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