Urbanistica

Per l'idrico iniezione da 4,4 miliardi, fondi vincolati al consolidamento

Un nodo, quello della dispersione dell’acqua per usi civili, che in Italia viaggia attorno a una media del 41% con punte del 51% al Sud

di Celestina Dominelli

Il Recovery Plan stanzia quasi 4,4 miliardi di euro per garantire la gestione sostenibile della risorsa idrica, ai quali si aggiungono 313 milioni di fondi, a valere sul programma React Eu, che saranno destinati alla riduzione delle perdite nella distribuzione. Un nodo, quello della dispersione dell’acqua per usi civili, che in Italia viaggia attorno a una media del 41% con punte del 51% al Sud, per via anche di infrastrutture ormai vetuste (circa il 35% delle condotte risale a 30-50 anni fa).

Accesso vincolato per i fondi

Insieme al miglioramento delle reti e della sicurezza dell’approvvigionamento idrico, il governo punta poi ad accelerare con il Pnrr il percorso di consolidamento verso la “gestione unica d’ambito”, voluto dallo Sblocca Italia nel 2014 e ancora al ralenti, almeno a giudicare dall’ultima relazione al Parlamento dell’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera), dove si segnala che, negli ultimi 4 anni (da dicembre 2016 a dicembre 2019), i gestori unici individuati dai rispettivi enti di governo sono aumentati solo di 2 unità (da 57 a 59), anche se sono comunque diminuite le gestioni salvaguardate o conformi alla normativa (28 in meno) e, soprattutto, quelle non conformi (da 1074 a 842).

Da qui, dunque, la volontà, peraltro già esplicitata negli allegati tecnici del Recovery Plan, di vincolare l’assegnazione delle risorse all’effettiva svolta nella governance. Sul tavolo, come sarebbe emerso dalle interlocuzioni in corso tra il ministero della Transizione ecologica - al quale spetta, da Piano, il compito di sottoscrivere specifici protocolli d’intesa per superare i ritardi nell’attuazione della normativa -, le Regioni e gli enti di governo, ci sarebbe infatti l’intenzione di riservare il 70% delle risorse destinate al settore a quei territori che, entro settembre, avranno formalmente individuato il gestore unico del sistema idrico integrato, mentre il restante 30% andrebbe alle realtà che si adegueranno entro il 30 giugno 2022.

L’obiettivo, insomma, è ridurre la frammentazione esistente e soprattutto, come si sottolinea nello stesso Pnrr, migliorare l’insufficiente presenza di gestori industriali nel Mezzogiorno dove ci sono ancora 995 Comuni che gestiscono il servizio in economia (381 solo in Calabria). Sulla scelta di subordinare lo sblocco dei fondi all’industrializzazione del settore non mancano, però, i distinguo: secondo alcuni operatori del Mezzogiorno, la mossa rischia infatti di accentuare il divario tra Nord e Sud e spiazzerebbe quegli enti idrici che, soprattutto in Campania e Sicilia, hanno compiuto qualche passo avanti ma non riuscirebbero comunque a rispettare la tabella di marcia dettata dal governo.

Focus su sicurezza e perdite

L’esecutivo è comunque deciso ad applicare criteri molto stringenti nell’assegnazione dei fondi con il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili e l’Arera, si legge negli allegati tecnici del Pnrr, che saranno chiamati a selezionare i progetti anche sulla base della qualità tecnica delle proposte, dell’impatto ambientale e del livello di coerenza con gli strumenti generali di pianificazione idrica. L’obiettivo è chiaro: svecchiare la rete italiana. E anche rapidamente. Non a caso, il Dl su semplificazioni e governance del Pnrr, appena approvato dal governo, individua anche tre progetti idrici, che valgono complessivamente 1,5 miliardi di euro (la nuova diga Foranea al Porto di Genova, la potabilizzazione delle acque della diga di Campolattaro, nel beneventano, e l’ammodernamento del sistema idrico del Peschiera nel Lazio), tra le dieci maxi-opere definite di impatto rilevante per le quali sono fissati iter super veloci. E, per garantire la sicurezza delle forniture e ridurre le perdite, nel Pnrr ci sono 3,2 miliardi di euro, considerando anche le risorse del React Eu, ai quali si affiancano 600 milioni per gli investimenti in fognatura e depurazione e altri 880 milioni per migliorare l’irrigazione dell’agrosistema (si punta ad avere il 12% di aree con sistemi più efficienti a fronte dell’attuale 8 per cento).

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