Fisco e contabilità

Concordati, l’assuntore paga l’Ici-Imu maturata nel periodo

L'imposta rientra fra le spese prededucibili ex articolo 111 della legge fallimentare

di Pasquale Mirto

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21126/2022, conferma che l'assuntore del concordato fallimentare deve corrispondere l’Ici/Imumaturata in pendenza di fallimento.

La normativa Ici, come quella Imu, prevede che per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore siano tenuti al versamento dell’imposta dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.

La disciplina garantisce quindi l’incameramento dell’imposta maturata in pendenza di procedura, sottraendola al concorso dei creditori, sebbene la sua esigibilità sia differita a un termine successivo. Precisa infatti la Corte che in pendenza di procedura sussiste l’obbligazione tributaria, ma non l’obbligo di denuncia e di pagamento dell’imposta, che rimangono sospesi in attesa della vendita dell’immobile; di conseguenza nessun accertamento può essere effettuato dal Comune, stante l’assenza di qualsivoglia condotta inadempiente.

La Corte ricorda poi che nell’ipotesi di chiusura del fallimento, senza che vi sia stata la vendita dell’immobile, e con il ritorno in bonis del fallito, l’imposta maturata durante il periodo fallimentare è posta a carico di quest’ultimo, ma senza gli interessi.

Nel caso di concordato fallimentare, invece, l’imposta è a carico dell’assuntore del concordato fallimentare omologato che si impegni al pagamento delle spese di procedura, perché tra queste, ex articolo 111 della legge fallimentare, rientrano, come debiti prededucibili, anche i crediti «così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali». Non c'è dubbio che l’Ici/Imu maturata nella procedura, stante le modalità indicate, prima nell’articolo 10, comma 6 del Dlgs 504/1992 e ora nel comma 768 della legge 160/2019, anche se non qualificata come credito prededucibile, sia da considerare come tale, in quanto sorta in occasione o in funzione della procedura concorsuale.

Sempre in tema di procedure concorsuali e Imu, merita di essere segnalato un altro recente arresto. La sentenza della Cassazione n. 18882/2022, si è occupata del caso di immobili che pur essendo acquisiti all'attivo fallimentare sono oggetto di esecuzione immobiliare avviata antecedentemente alla dichiarazione di fallimento. Ad avviso della giurisprudenza di legittimità, gli istituti di credito fondiario hanno un privilegio meramente processuale, sicché permane l'obbligo di insinuazione al passivo anche nell'ipotesi in cui l'esecuzione individuale continui dopo l'apertura del fallimento. Il privilegio processuale concesso all'istituito di credito si esaurisce nella possibilità di incamerare, ma in via provvisoria, quanto presumibilmente gli competerà, in base alla graduazione dei crediti concorsuali, senza, quindi alcun pregiudizio per gli altri crediti concorsuali.

Ma le somme provvisoriamente spettanti devono computarsi al netto delle uscite di carattere specifico, come appunto l'Imu. Pertanto la sentenza della Cassazione n. 18882/2022 enuncia il seguente principio di diritto: «In base alla lettura combinata degli artt. 111, 111-bis e 111-ter l. fall., l'IMU maturata dopo la dichiarazione di fallimento rientra tra le spese sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione dell'immobile ed integra una "uscita di carattere specifico", a norma dell'art. 111-ter l. fall., che grava in prededuzione su quanto ricavato dalla liquidazione dell'immobile, anche se oggetto di ipoteca». Si tratta, peraltro, di conferma di quanto già statuito dalla Cassazione con la sentenza n. 20953/2019.

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