Amministratori

Servizio idrico in Ato, Comune tenuto a concorrere alla gestione associata del bacino

Deve aderire al modello organizzativo prescelto dall'ente d'ambito, in particolar modo quando si tratti dell'affidamento in house

di Alberto Barbiero

Il principio di unicità del servizio idrico integrato in ogni ambito ottimale comporta per i singoli Comuni l'obbligo di partecipare alla gestione unitaria, che si configura come atto dovuto, con conseguente adesione anche alla società in house individuata come gestore dall'ente d'ambito.

Il Consiglio di Stato, sezione II, con la sentenza n. 7476/2021 ha chiarito che il quadro normativo euro-unitario e quello nazionale in materia di tutela delle acque delineano obiettivi che devono essere perseguiti a livello di ciascun bacino idrografico, attraverso adeguate misure amministrative.

Pertanto, quando un ente d'ambito individui come modello gestionale l'affidamento in house a una società a capitale interamente pubblico, pluripartecipata dai Comuni dell'ambito territoriale ottimale di riferimento, la volontà del singolo Comune è salvaguardata dagli uguali diritti, spettanti a ciascun ente, di partecipare al capitale della società di gestione del servizio e dalla partecipazione all'assemblea dei comuni del distretto.

I giudici amministrativi evidenziano come la circostanza che la società sia partecipata dai Comuni che insieme fanno parte dell'autorità di bacino consente di non considerare la società di gestione del servizio come un soggetto terzo che, invece, in ragione di tale configurazione giuridica, dovrebbe essere individuato con gara.

In tale assetto, un singolo Comune non può rifiutarsi di concorrere alla gestione associata del bacino, pena l'inefficacia dell'impianto normativo europeo e nazionale, il quale impone la gestione a livello di ambito.

Un Comune, pertanto, ha l'obbligo di concorrere alla gestione associata del bacino, aderendo o avvalendosi del modello organizzativo prescelto dall'ente d'ambito, in particolar modo quando questo sia dato dall'affidamento in house.

Il controllo analogo congiunto, infatti, è in ogni caso assicurato attraverso strumenti differenziati, come ad esempio una conferenza dei sindaci e del presidente della Provincia prevista da specifica convenzione di gestione associata del servizio, alla quale devono aderire tutti i Comuni compresi nell'ambito territoriale, anche se non partecipanti al capitale sociale della società affidataria diretta.

L'unicità della gestione, sancita dalla normativa nazionale in raccordo con quelle euro-unitaria, non consente al singolo Comune di gestire autonomamente il servizio idrico, comportando invece l'adesione alla gestione unitaria del bacino come atto dovuto.

In tale quadro, ogni Comune può, peraltro innestare buone pratiche nell'ambito della gestione unitaria del bacino idrografico.

I giudici amministrativi rilevano quindi come conseguenza di tale situazione sia l'adesione dovuta al modulo organizzativo individuato dall'ente d'ambito, in ogni caso tale da garantire al singolo ente possibilità d'intervento (attraverso l'esercizio del controllo analogo congiunto) nelle decisioni strategiche dell'organismo affidatario della gestione del servizio idrico.

La sentenza presenta anche un ulteriore aspetto d'interesse nella focalizzazione sul modello di gestione delle reti, fondato sull'articolo 153, comma 1 del Dlgs 152/2006, il quale impone espressamente all'ente d'ambito di mettere a disposizione del gestore le infrastrutture con concessione d'uso gratuita; non è consentito perciò pagare ai comuni un canone per l'uso delle infrastrutture.

I giudici amministrativi evidenziano come invece sia stato previsto che il gestore rimborsi ai Comuni annualmente i ratei dei mutui pregressi, e cioè i mutui assunti in passato dai comuni (o dalle aziende o società che in passato gestivano il servizio) per finanziare gli investimenti, e non ancora ammortizzati.

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