Amministratori

Servizi locali, salta anche l’obbligo di gara nei trasporti

Le procedure dovranno seguire il regolamento Ue che non esclude l’in house

di Gianni Trovati

Nello scatto finale verso l’approvazione nel Parlamento terremotato dalla crisi di governo la riforma dei servizi pubblici locali perde anche l’ultima liberalizzazione effettiva, che era sopravvissuta al lungo bagno in ammorbidente a cui le ambizioni iniziali del governo sono state sottoposte nel primo passaggio al Senato.

Con un emendamento approvato in commissione si cancella di fatto l’obbligo di gara per il trasporto pubblico locale, presente nel primo testo. Grazie alla modifica, per gli affidamenti in scadenza sarà obbligatoria la pubblicazione entro il 31 dicembre dell’anno precedente non dei «bandi di gara o delle procedure a evidenza pubblica», come previsto nella vecchia versione, ma delle «procedure conformi al regolamento Ce 1370/2007». E il regolamento comunitario è neutro dal punto di vista delle procedure, chiedendo semplicemente di indicare «il tipo di aggiudicazione previsto»: compresi ovviamente gli affidamenti diretti. Questi obblighi di pubblicazione, che in caso di mancato rispetto possono far attivare i poteri sostitutivi da parte del ministero delle infrastrutture oltre a determinare responsabilità dirigenziale, si applicheranno dal 2023.

Tecnicismi a parte, l’aggancio al regolamento comunitario del 2007 riporta di fatto la “concorrenza” portata dal disegno di legge alla disciplina già in vigore. Con una mossa che quindi va nella direzione già percorsa sul resto dei servizi pubblici locali, oggetto di delega mentre il trasporto è regolato da norma ordinaria, dove i correttivi parlamentari si erano già preoccupati di cancellare la leva più forte per provare a contrastare il dominio assoluto degli affidamenti diretti: il parere preventivo dell’Autorità Antitrust.

Il meccanismo, già vanamente tentato nel corso delle riforme degli ultimi 10 anni, è stato sostituito dalla richiesta di una «motivazione qualificata» con cui gli enti pubblici devono giustificare la scelta dell’in house negli affidamenti soprasoglia. Nulla di sostanzialmente diverso da quanto già previsto dalle norme in vigore.

La caduta parlamentare di questo vincolo all’in house attenua le aspettative sulla complicata partita dell’attuazione della delega, che comunque il governo uscente sembra intenzionato a giocare fino in fondo. Per quel che è possibile.

A occuparsi del decreto delegato sarà una commissione di esperti guidata da Giuseppe Caia, direttore della Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione pubblica (Spisa) dell’Università di Bologna. Che dovrà correre nei tempi serrati imposti dalla delega (sei mesi) e soprattutto dal contesto politico. Resta all’articolo 12 (altra norma ordinaria) il parere della Corte dei conti sull’acquisizione di nuove società; con una procedura che però, grazie a un altro emendamento già approvato in Senato, si può risolvere in un silenzio assenso.

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