Il CommentoFisco e contabilità

Decreto Aiuti per i Comuni: servono riforme, revisioni e puntualità applicativa

di Ettore Jorio

Fare di necessità virtù? È quanto si deduce, in senso segnatamente ironico, dalle nuove disposizioni che erogano ulteriori generose elargizioni in favore dei comuni più inguaiati. Meglio, di quelli noti (Napoli e Reggio Calabria in primis) cui si aggiungono quelli che hanno finalmente deciso, per «sopravvenuta onestà contabile», di non essere «omissivi» nei bilanci relativamente alle partite debitorie da sempre celate.

Una brutta moda tra generosità e austerità
Sta di fatto che si sono già concretizzati, ancora una volta, benefici estesi a tutti i comuni capoluogo. Vengono infatti offerte occasioni di maggiori destinazioni tributarie da fare proprie, tanto da assumere sempre di più sembianze di tributi di scopo. Riguardano quelle di cui hanno già beneficiato le solite città di Napoli, Torino, Palermo e Reggio Calabria consistenti nella potestas di andare oltre la pressione fiscale locale dell'0.8 per cento di addizionale Irpef comunale. Quello che è già a carico delle tasche dei napoletani&co.
Con il decreto aiuti del 5 maggio scorso, il Governo rilancia in magnanimità (articolo 43), mettendo sul piatto, fino a quando persiste lo stato di disavanzo, dal derivato dalle tasse di imbarco all'addizionale Irpef municipale per quei Comuni, capoluoghi di provincia, che hanno in mano un deficit per abitante di almeno 500 euro (in tutto 18) ovvero un debito pro capite superiore a 1000 euro (si veda NT+ Enti locali e iedilizia del 9 maggio). Quindi, oltre ai soliti Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Torino, che faranno incetta delle tasse di imbarco copiose nei loro territori, andranno godere dei quattrini dei residenti altrettante solite amministrazioni dalle tasche bucate o, quantomeno, di manica (troppo) larga.

Dalla straordinarietà all'abitudine il passo è breve
A ben vedere, cambiamo i Governi, cambia la genesi degli «aiuti (divenuti oramai) a fondo perduto» ma restano ai cittadini localmente interessati i disservizi e l'onere (che poi tanto oneri non sono perché raramente realizzano, alla fine, il loro interessi!) di pagare gli errori delle amministrazioni. Di farlo in moneta suonante (addizionali Irpef) ovvero in introiti (tassa di imbarco) da dedicare, per loro natura, ad altro beneficio pubblico.
A fronte di questo, considerate le passate esperienze esempio di reiterati interventi elargitori istituzionali, spesi per lo più in misure assistenziali, i bilanci disastrosi continueranno la loro esistenza. Con la guerra, la crisi e il Pnrr, che assicura assunzioni all'ingrosso senza pretendere e assicurare nessuna specificità professionale, arriveranno non si sa dove.

Riforme, revisioni e puntualità applicativa
Insomma, necessita otturare il pozzo senza fondo, diffuso in gran parte della municipalità italiana. Per farlo, occorre una selezione accurata dei sindaci da parte di chi li propone e di chi li elegge. Anche dei consiglieri comunali cui assicurare un consenso consapevole delle loro capacità a gestire e fare una vigile opposizione. Poi, prima di ogni altro, necessitano le regole, da rivedere in sostituzione di un Tuel reso inaccettabile dai continui rattoppi e dalle negativamente incisive facilitazioni salva comuni, anche immeritevoli.
Decisori capaci e regole giuste sono gli ingredienti della migliore ricetta che, in una alla responsabilità da attribuire agli amministratori, consentirà agli organi di controllo interni di divenire finalmente tali. E ancora. Alla Corte dei conti di esercitare il proprio con maggiore facilità, con la speranza che i loro decisa siano finalmente "ascoltati" e tenuti nel dovuto conto, anche in sede di gravame. Il tutto connesso all'esigenza non più prorogabile di una riforma degli enti locali che, mettendo definitivamente in soffitta le inutili province, faccia funzionare la macchina delle autonomie. Che metta ordine nella partecipate "a vario titolo", impedendo loro di generare i disastri che hanno rovinato il patrimonio municipale, spesso con messe in liquidazioni strumentali alla loro inconcepibile continuazione gestoria con consumazione di reati al seguito.
Una riforma assistita da decisori pubblici che decidano finalmente, così come era nell'idea della relazione di inizio e fine mandato, di fare chiarezza, ma davvero. Mettendo così da parte quella pessima abitudine di non dare fiato alla verità sperando che i successori facciano la stessa cosa in loro favore.
A proposito di libere "confessioni" di inizio e fine mandato, il federalismo fiscale - che è il loro papà - va tirato fuori (tutto) dal cassetto in cui è stato chiuso da oltre 11 anni dai provvedimenti attutivi specifici (si veda NT+ Enti locali & edilizia del 10 maggio). Sarà il miglior compagno di viaggio delle auspicate regole, delle migliori scelte dei decisori e di una gestione finalmente esercitata nell'interesse pubblico reale, idonea ad affrontare i prossimi difficili anni di crisi.