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Brunetta al Sole 24 Ore: «Nel nuovo decreto sul Pnrr tempi dimezzati per la Pa»

Entro due settimane il Dl per tagliare i termini di conclusione degli iter amministrativi e rilanciare la valutazione dei dipendenti con l’anagrafe digitale e il fascicolo personale

di Gianni Trovati

Semplificazioni, formazione, capitale umano, digitalizzazione, interoperabilità delle banche dati e cloud. Tutto si tiene, a tutti i livelli, e tutto va fatto insieme. Tout azimut, direbbero in Francia. Il catalizzatore è il Pnrr, che contiene la visione, le risorse, 235 miliardi tra fondi europei e nazionali, e l’orizzonte temporale. Cinque anni che cambieranno volto all’Italia. La rivoluzione è in corso. E da metà marzo lo racconterò in Europa in un viaggio da Bruxelles a Berlino, passando per Parigi e Madrid, per illustrare ciò che stiamo facendo, ma anche per apprendere le migliori pratiche degli altri Paesi. Il nostro destino è la convergenza».

Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, tiene subito a sottolineare la “logica di pacchetto” che muove l’azione di governo e che conosce ora due nuove tappe. La consultazione pubblica «Facciamo semplice l’Italia. Le tue idee per una PA amica», che parte oggi per individuare i 600 iter amministrativi da semplificare (articolo a fianco), e un nuovo decreto Pnrr, che arriverà entro due settimane, con il dimezzamento dei tempi delle procedure fissati nel 1990 dalla legge 241, e il rilancio della valutazione con l’anagrafe digitale e il fascicolo personale di ogni dipendente pubblico.

In Italia la complicazione è arrivata a creare un’epica e libri che la descrivono. Quanto tempo ci vuole per tornare alla normalità?

La semplificazione è la pietra angolare della modernizzazione del Paese. In un anno di governo abbiamo già fatto moltissimo. Con il Dl 44 abbiamo velocizzato e digitalizzato i concorsi, sbloccando 45mila posti in otto mesi. Quest’anno prevediamo 100mila assunzioni a tempo indeterminato, a cui si aggiungeranno le decine di migliaia di professionisti ed esperti necessari al Pnrr, anch’essi reclutati con i meccanismi rapidi del Dl 80/2021. Come il portale inPA, simbolo della rivoluzione in atto con i suoi 6 milioni di profili censiti e la possibilità di allargare le ricerche ai 16 milioni di iscritti a LinkedIn Italia. In estate abbiamo approvato il Dl semplificazioni: dimezzati i tempi delle Via, ridotte di oltre la metà le attese per le autorizzazioni per la banda ultralarga, accelerati gli appalti, come dimostra il record di aggiudicazioni per 41 miliardi per le grandi opere indicato dal Cresme. Lì abbiamo finalmente impedito che un ricorso al Tar possa bloccare le opere del Piano, e rafforzato silenzio assenso e poteri sostitutivi. Altre semplificazioni sono arrivate con il primo decreto Pnrr, come quelle per la digitalizzazione dei servizi, in particolare per l’Anpr che ora offre 14 certificati con un clic. E gli interventi sul capitale umano vanno nella stessa direzione.

I contratti però sono ancora quasi tutti da firmare.

Attenzione. Bisogna guardare al disegno di riforma come a un mosaico in cui ogni tessera è funzionale all’insieme. L’approccio è totalizzante. Semplificare e digitalizzare non basta, senza le persone. E non sono sufficienti i nuovi ingressi: occorre motivare i 3,2 milioni di dipendenti già in servizio, restituendo l’orgoglio e la dignità di essere civil servant. Per questo ho voluto subito riaprire la stagione dei contratti. Per i comparti funzioni centrali, sicurezza e difesa gli accordi sono stati chiusi. Le trattative per sanità ed enti locali sono in fase avanzata, come quelle per Vigili del fuoco e prefetti. Mi sono battuto perché fossero eliminati i tetti al salario accessorio e perché nei nuovi contratti sia esplicitato il legame chiave: più formazione, più carriera, migliore retribuzione. Occorre dotare i lavoratori pubblici delle competenze adeguate a gestire le transizioni amministrativa, digitale e ambientale. Per questo è partito il 10 gennaio il piano «Ri-formare la Pa». Oltre 70 università hanno aderito a «PA 110 e lode» per permettere ai lavoratori pubblici di laurearsi o specializzarsi a condizioni agevolate: un programma mai visto di upskilling e reskilling del capitale umano. E stanno partendo i moduli per la formazione digitale orizzontale, con la collaborazione, in via sperimentale a titolo gratuito, dei top player come Tim, Microsoft, Cisco, Oracle e Leonardo. A questo si affianca nel Pnrr un programma intenso di formazione manageriale per dirigenti e funzionari.

L’anno cruciale per attuare il Pnrr è il 2022. Le semplificazioni arriveranno in tempo?

Oltre ai colli di bottiglia già eliminati, nel secondo decreto Pnrr che il Governo ha in cantiere ho proposto un altro pacchetto di misure. I termini di conclusione dei procedimenti amministrativi previsti dalla legge 241/1990 saranno dimezzati. La riduzione sarà accompagnata da un impegno senza precedenti nei controlli sui tempi, con monitoraggi automatizzati e il supporto dei mille esperti in forze alle Regioni. Un altro colpo a ritardi e inerzie ingiustificate, ormai intollerabili. Sarà potenziata la mobilità, e i concorsi semplificati per i non dirigenti, con una sola prova scritta digitale, potranno svolgersi fino a fine anno. Nel testo sarà rafforzata la customer satisfaction e la valutazione della performance, e condivido l’idea di detassare i premi di produttività. Erano i miei obiettivi già nel 2009, come la total disclosure e la tracciabilità di tutti i procedimenti, con la responsabilizzazione massima dei dirigenti. Se tracciamo un pacco di Amazon perché non possiamo farlo per una pratica? E se mettiamo le stellette alla qualità della chiamata di Whatsapp possiamo farlo anche per valutare un servizio. Semplificare vuol dire garantire trasparenza e misurare la soddisfazione di cittadini e imprese. Perché il mercato ha come determinante i prezzi e l’equilibrio tra domanda e offerta. La Pa è più complessa, perché deve produrre beni e servizi pubblici. Ha bisogno di un’altra segnaletica, come ci insegnava Albert Hirschman: exit, voice e loyalty. La possibilità di uscire dal sistema pubblico, se non funziona, la voce agli utenti e la fiducia tra cittadino e Stato.

Per questo avete scelto la consultazione pubblica?

Sì. Non ci si può più limitare a dire «non funziona». Bisogna coinvolgere e lasciarsi coinvolgere. Serve uno sforzo corale. E stavolta è diverso dal passato: abbiamo le risorse per fare, oltre che per suggerire. Le idee diventeranno realtà. Per la prima volta avremo un lavoro sistematico sulle procedure più rilevanti che spesso rendono difficili le nostre vite, per ottenere entro il 2026 un catalogo uniforme, con piena validità giuridica, di 600 procedure semplificate e uguali da Nord a Sud. Dall’ambiente all’edilizia, dall’energia al sociale, con interventi mirati alle fasce più fragili, a cominciare dai disabili. Via le autorizzazioni non necessarie, e via le duplicazioni, gli appesantimenti, le vessazioni. Anche dei controlli alle attività produttive. Più silenzio assenso, più Scia e, ovunque si potrà, largo alle semplici comunicazioni.

La complicazione è figlia anche della sovrapposizione dei livelli di governo. Come la si scardina?

Ho detto più volte che occorre un grande patto centro-periferia, che in questa fase di trasformazioni delicate permetta di non spazzare vie le buone pratiche, ma anche di sincronizzare le culture locali con l’efficienza globale. Vale per la digitalizzazione, innanzitutto.

Ma un’opera di semplificazione trasversale richiederà una forte coesione politica nei prossimi mesi. Ci saranno le condizioni?

Il Parlamento ha applaudito compatto il discorso del presidente Mattarella, che ha indicato la rotta con nettezza: costruire un'Italia più europea, più unita e più giusta. Un'Italia la cui agenda politica è definita nel Pnrr figlio del Next Generation Eu. Con Ngeu abbiamo intrapreso un percorso di convergenza, che interessa innanzitutto l’organizzazione della Pa e la classe dirigente. Sono felice di aver ridato slancio alla Sna, che ora può vantare una presidente come Paola Severino e un comitato scientifico di dieci personalità prestigiose, tra cui tre premi Nobel, nella direzione di uno scambio costante con le esperienze internazionali più qualificate. Basta conflitti ideologici, l’alta burocrazia potrà formarsi evitando supplenze e commistioni improprie.

Rifaccio la domanda in modo più diretto: la semplificazione può essere una chiave del nuovo “riformismo”? E l'agenda Draghi può scardinare le coalizioni per il dopo 2023?

Questo è il tempo dei riformisti e degli europeisti, in tutte le coalizioni. L’agenda Mattarella-Draghi è l’anti-Gattopardo: significa confermare la squadra vincente per cambiare l’Italia. Questo è il faro, fino al 2023 e oltre.

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