Personale

L’eredità di Franco Frattini per la nuova dirigenza Pa

di Francesco Verbaro

La scomparsa di Franco Frattini ci invita a ricordarlo per alcuni degli interventi promossi come ministro della Funzione pubblica.

Noto ai più come ministro degli Esteri e Vicepresidente della Commissione europea, sulla Pa Frattini ebbe un approccio multidisciplinare, quello che serve nei processi di riorganizzazione. Nel 2002 promosse il «Riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l’interazione tra pubblico e privato» che ridusse la durata massima degli incarichi dirigenziali da 7 a 5 anni, pose alla base del conferimento di incarico un provvedimento, comunque di natura datoriale e abolì il ruolo unico della dirigenza. Una norma, quest’ultima, che aumentò le tutele della dirigenza attraverso i singoli ruoli, ma limitò la flessibilità e la crescita delle competenze manageriali, perseguibile solo attraverso una pluralità di esperienze. In quest’ottica con la legge 145/2002 disciplinò per la prima volta la mobilità dei dirigenti.

Intervenne sulla comunicazione della Pa con una direttiva e un progetto per implementare la legge 150/ 2000, dirimendo dubbi giuridici e sostenendo l’importanza dal punto di vista della democrazia sostanziale di avere una Pa accessibile in termini amministrativi e di linguaggio. La direttiva del 7 febbraio 2002 fissò per l’epoca obiettivi sfidanti: un’informazione trasparente ed esauriente; l’accesso ai servizi promuovendo nuove relazioni con i cittadini; l’efficienza e l’efficacia dei prodotti-servizi attraverso un adeguato sistema di comunicazione interna. Una direttiva non più aggiornata, pur un contesto in cui la reputazione della Pa è bassa e la comunicazione ai cittadini è povera, con obiettivi perseguibili oggi con strumenti digitali e con sistemi di profilazione.

Intervenne sulla formazione del personale, sia nel 1994 sia nel 2001. Due direttive che confermavano l’attenzione posta alla valorizzazione del capitale umano, e che evidenziavano come sia cruciale la questione delle competenze. Da qui il richiamo all’obbligo di adottare i piani sulla formazione.

Frattini credeva nei giovani, fu uno dei promotori del corso concorso e favorì la nascita della prima associazione dei dirigenti, l’Associazione dei giovani dirigenti pubblici, a cui seguì l’associazione Allievi della scuola superiore della Pa.

L'attualità del lavoro di Frattini deriva dai contenuti a suo tempo toccati, ma anche dall’idea che l’amministrazione statale non dovesse perdere il ruolo di guida pur in un contesto ridisegnato dalla riforma del Titolo V. Anche senza ricorrere a nuove leggi.

La necessità di investire in strumenti come la comunicazione e la formazione emerge oggi dall’esigenza di coinvolgere i dipendenti nuovi e vecchi.

Per questo la dirigenza non deve essere la custode del formalismo, ma deve essere (messa) in grado di valorizzare le risorse per creare valore pubblico. Le riforme devono camminare sulle gambe di donne e uomini preparati e nuovi. Quale occasione per il Governo per lanciare un Piano di formazione nel 2023, individuato dalla Commissione Ue come l’anno europeo delle «competenze»?

Come presidente del Consiglio di Stato, Frattini ha richiamato la sfida di superare la crisi del sistema pubblico, derivante dall’eccesso di leggi e dalle troppe «paure della firma». Una sfida che si può vincere solo ponendo attenzione alle competenze. Per questo ci lascia in eredità buone pratiche e tanti stimoli. Buone radici e ottime ali.

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