Fisco e contabilità

Speciale Ancrel - Revisori, la riforma del Testo unico punta a compensi e soglia dei collegi

Viminale al lavoro su indennità e riduzione degli enti locali con il controllore unico

di Gianni Trovati

«Dove eravamo rimasti?». La fine anticipata della legislatura l’estate scorsa ha interrotto un lavoro sulla riforma degli ordinamenti locali che almeno sul piano tecnico sembrava vicino al traguardo. Quell’approfondimento però non è andato perso, e torna ora al centro del cantiere del nuovo Tuel che poggerà sul doppio binario composto da legge delega e normativa ordinaria.

La politica per ora discute di elezione diretta nelle Province. Ma le questioni vanno assai oltre questo aspetto, più segnaletico che pratico senza una revisione complessiva delle funzioni degli enti di area vasta. E investono il mondo dei 14.138 revisori dei conti degli enti locali oggi iscritti all’Albo tenuto dal ministero dell’Interno.

Proprio al Viminale è stato subito riattivato il confronto tecnico sulla riforma. L’agenda delle misure allo studio è stata riassunta dal direttore centrale della Finanza locale al ministero dell’Interno, Antonio Colaianni, al convegno che l’Ancrel ha tenuto nei giorni scorsi a Bologna in memoria di Antonino Borghi, fondatore dell’Associazione nazionale dei revisori locali e storico collaboratore di questo giornale. Nell’indice non manca nessuno degli argomenti più importanti per i revisori.

Sui compensi, prima di tutto, l’idea è di evitare ora l’aggiornamento periodico (peraltro a lungo dimenticato in passato) per tentare una riorganizzazione più puntuale di fasce e soglie. L’obiettivo è di alzare i livelli delle indennità che nonostante qualche recente passo in avanti restano decisamente sottodimensionate rispetto a compiti e responsabilità, e di fissare meccanismi più efficaci per tamponare il fenomeno delle scelte al ribasso da parte degli enti locali, ancora al centro di segnalazioni continue dai territori. Il punto più delicato ovviamente è nella ricerca dell’equilibrio fra la necessità di compensi più congrui e l’esigenza di non far percepire un carico eccessivo ai bilanci locali, soprattutto negli enti più piccoli.

Nel corso del dibattito si è posta anche la questione della revisione della soglia demografica che fa passare dal revisore unico al collegio. La ferita è sempre quella aperta nella manovra per il 2007 che inserendo inopinatamente i revisori fra i «costi della politica» fece salire da 5 a 15mila il numero di abitanti necessari per il collegio. La scelta, aggravata dal profluvio di compiti attribuiti ai revisori negli anni successivi con il manifestarsi della crisi di finanza pubblica, è ora al centro di un ripensamento che potrebbe riportare l’asticella a 5mila abitanti oppure fissarla a 10mila, a seconda del compromesso politico che si riuscirà a trovare.

Numero e compenso degli incarichi sono però solo la premessa di un rafforzamento della funzione del revisore, che nel progetto di riforma deve accentuare il proprio ruolo di guardiano preventivo dei conti per aiutare a individuare i problemi su equilibri di bilancio e di cassa prima che si trasformino in deficit strutturali o dissesti. L’efficacia di questo ruolo passa anche dall’indipendenza del revisore, come rivendica il presidente dell’Ancrel Marco Castellani quando ricorda che «il fenomeno degli enti in disavanzo è diventato evidente quando i revisori non sono stati più nominati dalla politica». Il quadro resta complesso ma il progetto sta assumendo una forma compiuta all’inizio di una legislatura che si promette stabile: e questo non è un aspetto secondario per misurare le chance di successo della riforma.

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