Fisco e contabilità

Niente imposta sulla pubblicità se lo striscione allo stadio non procura vantaggio immediato e diretto

Il concessionario di zona è l'unico a poter beneficiare della risonanza di tale propaganda

di Cosimo Brigida

Il distributore nazionale di autovetture di un marchio automobilistico non risponde dell'imposta comunale sulla pubblicità per lo striscione pubblicitario esposto all'interno di un Palazzetto dello Sport che ritrae, oltre al marchio e al logo della marca, anche la denominazione sociale del concessionario di zona.
Secondo quanto emerge dall'ordinanza della Corte di cassazione n. 9696/2022, anche se lo striscione richiama il marchio dell'azienda automobilistica, in considerazione dell'esposizione all'interno di un impianto sportivo accessibile ai membri di una comunità locale, il concessionario di zona è l'unico a poter beneficiare della risonanza di tale propaganda nella rivendita ai consumatori finali dei beni reclamizzati (le autovetture), per cui risponde solidalmente dell'imposta.

I fatti
La controversia è sorte in seguito all'emissione di un avviso di accertamento Icp nei confronti di un'azienda distributrice sul territorio nazionale di autovetture di un noto marchio automobilistico per l'esposizione di uno striscione pubblicitario all'interno di un Palazzetto dello Sport, sul presupposto che la venditrice dei beni reclamizzati - a prescindere dall'ausilio della rete distributiva dei concessionari - fosse obbligata al pagamento dell'imposta comunale sulla pubblicità per i mezzi pubblicitari relativi alle autovetture vendute all'ingrosso.
Per determinare se sia o meno obbligata al pagamento dell'imposta comunale sulla pubblicità, occorre stabilire se l'azienda automobilistica, che vende le autovetture di un determinato marchio attraverso la distribuzione su scala nazionale delle autovetture alla rete capillare dei concessionari presenti sul territorio nazionale, possa essere considerata "venditore" - perché "nella nozione di "vendita", specie quando si tratta di beni immessi nel mercato al consumo attraverso catene distributive, rientra anche la cessione a un soggetto intermedio della catena (nella specie il concessionario) - o se, invece, l'esercizio della vendita all'ingrosso, attraverso la distribuzione delle autovetture alla rete dei rivenditori al dettaglio, pone l'azienda automobilistica in una posizione di assoluta estraneità rispetto ai presupposti stessi dell'imposizione, non vendendo autovetture ai consumatori destinatari del messaggio pubblicitario.

La decisione
La Suprema Corte precisa che, oltre a chi dispone del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso, è obbligato solidalmente al pagamento dell'imposta comunale sulla pubblicità colui che vende la merce oggetto della pubblicità, purché non sia estraneo al presupposto d'imposta costituito dalla diffusione del messaggio pubblicitario, come lo sono coloro che, svolgendo l'attività economica oggetto della pubblicità, da questa traggono immediato e diretto vantaggio. Pertanto, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, la responsabilità solidale di colui che vende la merce oggetto della pubblicità è collegata alla spesa pubblicitaria da questi sostenuta nonché al vantaggio immediato e diretto che allo stesso deriva dalla risonanza del messaggio pubblicitario nella platea dei destinatari, che sono i potenziali acquirenti dei beni reclamizzati. In tale prospettiva, quindi, il distributore su scala nazionale che fornisce autovetture prodotte all'estero ai soli rivenditori al dettaglio, nel caso di insussistenza di un rapporto contrattuale con terzi per la fruizione degli spazi pubblicitari, non può ritrarre alcuna utilità (almeno diretta e immediata) sul piano commerciale e, quindi, non può subire alcun onere di natura fiscale dalla pubblicità commissionata dal rivenditore di tali autovetture in ambito locale.

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