Fisco e contabilità

Città in crisi: Reggio si sblocca, Palermo no

In Calabria arriva il via libera del consiglio comunale al piano per il Patto con il governo

di Gianni Trovati

I tanti ragionieri e assessori al bilancio dei Comuni che non fanno notizia guardano con una certa invidia la pioggia di aiuti che il governo ha destinato agli enti in crisi, a partire dalle quattro città destinatarie del «Patto» salva-bilanci: un ombrello pluriennale da 4 miliardi (NT+ Enti locali & edilizia del 31 marzo), che oltre alle città con il maxi-disavanzo copre gli enti in pre-dissesto e, per specificità territoriale, i Comuni di Sicilia e Sardegna. Ma l’invidia non è del tutto ben riposta. Perché anche lì i problemi non mancano.

I Patti chiamati a suggellare l’aiuto da 2,67 miliardi in 20 anni messi a disposizione dall’ultima legge di bilancio ai quattro grandi Comuni più in crisi d’Italia si sono rivelati più complicati del previsto. È andato tutto liscio a Napoli, che subito dopo la visita del premier Draghi al Maschio Angioino si è messa a lavorare all’attuazione avviando con Invimit il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare. La firma è arrivata come previsto nelle scorse settimane anche a Torino, e fra il capoluogo campano e quello piemontese hanno trovato pace quasi 2,3 dei 2,67 miliardi complessivi del fondo.

Mancano Reggio Calabria e Palermo. Dove le cifre degli assegni governativi sono decisamente più modeste. Ma le difficoltà, politiche e amministrative oltre che contabili, sono forse maggiori.

A Reggio Calabria, che dopo la sospensione ex legge Severino del sindaco Falcomatà per la condanna in primo grado a un anno e 4 mesi per abuso d’ufficio è guidata dal facente funzione Paolo Brunetti, il via libera del consiglio comunale al piano da firmare con il governo è arrivato solo giovedì scorso. Vale 137,93 milioni, non contempla i super-aumenti dell’addizionale Irpef che puntellavano i programmi iniziali, in base al meccanismo che impone al Comune beneficiario di contribuire al risanamento di bilancio con una somma pari almeno al 25% dell’assegno statale. Si vedrà presto con le ultime verifiche ministeriali se l’impianto reggerà senza traumi.

Anche a Palermo è stata l’addizionale, di cui si ipotizzava l’impennata fino al 17,7 per mille quest’anno e al 19,8 il prossimo, a far saltare il banco. Anche se rivedute e corrette, le proposte di aumento presentate dalla giunta sono state respinte dal consiglio comunale, ormai di fatto privo di una maggioranza. Il piano è saltato, e nei giorni scorsi il sindaco Leoluca Orlando ha chiesto aiuto alla Regione (dove c’è anche un commissario straordinario per il bilancio del Comune di Palermo) per trovare la quadra. Senza la quale il default a un passo dalle elezioni di giugno sarebbe inevitabile.

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