Il CommentoAmministratori

Autonomia, assicurare una burocrazia territoriale omogeneamente efficiente

di Ettore Jorio

«Gioca … a sfavore delle competenze statali la pesantezza delle norme e delle burocrazie che sono meno efficienti e più stratificate di quelle regionali, almeno in alcuni casi» che, in una al permanere della spesa storica, costituisce la rovina dell'esigibilità dei diritti sociali. É quanto rappresentato da Ennio Cascetta scrivendo di regionalismo differenziato. Lo afferma con particolare riferimento alla necessità di recuperare i gap burocratici e organizzativi che assediano e insidiano l'efficienza e l'efficacia della Pa. Lo fa imponendo una certa speranza a che le burocrazie regionali diventino, tutte, sempre più qualificate (NT+ Enti locali & Edilizia del 22 febbraio).

Da qui, il vero problema di cui prendere seriamente atto e sconfiggere, riorganizzando la Repubblica delle autonomie. La riscrittura della Costituzione del 2001, tra i tanti difetti che si è portata dietro, ha avuto il pregio di sancire tre cose importanti: la definizione a cura dello Stato dei Lep da garantire uniformemente; la sussidiarietà istituzionale; la modifica del finanziamento pubblico. Tutte e tre le novità lasciate al palo da un legislatore ordinario dimostratosi incapace per 22 anni di non volere e sapere attuare la Costituzione.

Dunque, tutto è rimasto come prima nonostante fosse tutto costituzionalmente cambiato nei tre ambiti. Lep, accennati ma non garantiti solo nella sanità. Sussidiarietà rimasta ai pochi prototipi organizzativi di alcune Regioni. Finanziamento dei Lep e delle funzioni fondamentali degli enti locali residuati con i pochi quattrini ripartiti nel massimo della disparità di trattamento e sulla base sulla spesa storica.

Da qui l'invito: alzi la mano chi è soddisfatto da tutto questo! Si suppone di constatare gli invitati a farlo, tutti fermi con le mani in tasca.

Da qui, la domanda: cosa fare?

Le risposte per essere corrette devono rintracciare la soluzione tra i righi della Costituzione, più precisamente negli articoli 117 (comma 2, lettera m), 118 (comma 1) e 119 (i primi quattro commi). Invero, qualcosa è stato fatto: un Dpcm nel 2001 (29 novembre) e un altro nel 2017 (12 gennaio) per fissare i Lea; una legge attuativa del federalismo fiscale (42/2009) e otto decreti legislativi delegati nonché un Dm sulla perequazione infrastrutturali.

A fronte di questo, il nulla o quasi. I Lea differenziati in modo vergognoso da determinare un esodo dei sofferenti del Sud verso il Nord. La spesa storica che domina ovunque.

In realtà, la Costituzione del 2001 ha introdotto un'altra novità: l'autonomia legislativa differenziata (articolo 116, comma 3). Una modalità legislativa derogatoria a quella ordinaria disegnata con la legislazione concorrente e a cinque delle materie di competenza esclusiva dello Stato, attraverso la quale le Regioni chiedono al Governo e ottengono dal Parlamento di potere assumere l'esclusività legislativa in tutte o in parte delle anzidette materie.

Le decisioni e l'esercizio delle facoltà di accedere alla legislazione differenziata costituiscono il vero complesso problema da assolvere, non tanto perché si possa essere soddisfatti dell'attuale andamento delle cose ma per far sì che queste vadano meglio. Ma soprattutto che possano essere superati quei vulnus erogativi di servizio pubblico che affliggono oltre la metà degli italiani, senza servizi e oberati di debiti.

La scelta favorevole dovrebbe, stante così le cose, essere la più verosimile, ancorché ancorata a due precondizioni e ad altrettanti impegni.

Primo, che le Regioni sappiano agire con intelligenza e soprattutto con consapevolezza nell'individuare le materie o ambiti di esse nelle quali possedere più chance di autosufficienza ed esprimere politiche adeguate in termini di codificazione dei principi, di organizzazione, di autonomo sviluppo, di programmazione e gestione delle risorse connesse.

Il secondo, che le Regioni si impegnino ad assicurare, pena un assoluto disagio:
• un apparato dirigenziale capace, ma sul serio, di redigere le leggi occorrenti, bandendo il solito vergognoso copia e incolla, ma principalmente che impari a scrivere le regole afferenti ai principi fondamentali oggi di competenza dello Stato, quanto alla legislazione concorrente;
• un apprendimento, da parte dei decisori e della burocrazia, del trattamento e dell'impegno legislativo da assicurare alle cinque materie oggi di competenza esclusiva statale da codificare, quindi, nella loro interezza su base regionale. Quell'apprendimento avanzato di quelle conoscenze dell'apparato, tali da farlo diventare nel Paese una prerogativa di eccellenza comune delle Regioni e non solo di alcune, così come affermato da Cascetta. Per l'appunto, tali da assicurare una burocrazia territoriale omogeneamente efficiente.

Certamente, su tutto graverà il pesante onere se esercitare l'opzione e quali materie scegliere. Un compito assolutamente difficile da svolgere perché dovrà essere fatto con il massimo delle analisi e autovalutazioni sulle capacità istituzionali possedute, sulla consapevolezza del disagio generabile su base decennale in caso di sottovalutazione, sulla possibilità dell'impegno finanziario aggiuntivo da mettere sul banco, sulla attitudine a stimolare politiche di insieme regionale a mente dell'articolo 117, comma 8, della Costituzione.