Personale

«Sì» all'utilizzo dei riposi per allattamento al padre lavoratore anche se la madre è casalinga

Risolutiva presa di posizione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

L'espressione «nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente » utilizzata dall'articolo 40, comma 1, lettera c) del Dlgs 151/2001 (riposi giornalieri del padre), riferita alla madre in caso di richiesta di permesso da parte del padre, lavoratore dipendente, del minore di 1 anno, si intende riferita a qualsiasi categoria di lavoratrici non dipendenti, e quindi anche alla donna che svolge attività lavorativa in ambito familiare senza che sia necessario, a tal fine, che la stessa sia impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato, ovvero sia affetta da infermità.

È questo il principio di diritto espresso dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 17/2022.

Se da una parte la norma non lascia dubbi sul riconoscimento dei riposi giornalieri in capo al padre qualora la madre sia lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola professionale, parasubordinata e libera professionista), non pochi problemi si sono avuti, invece, sulla legittimità dell'estensione del beneficio al padre lavoratore dipendente qualora la madre versi nella condizione di casalinga.

Lo stesso Consiglio di stato, sul tema di madre casalinga e legittimità della fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre lavoratore, nel tempo si è mostrata non allineata.

Per un primo orientamento «positivo» (sentenza n. 4618/2014), l'espressione in esame include, secondo il significato proprio delle parole, tutte le ipotesi di inesistenza di un rapporto di lavoro dipendente: dunque quella donna che svolge attività lavorativa autonoma, ma anche quella di una donna che non svolge alcuna attività lavorativa o comunque svolga un'attività non retribuita da terzi (a cui è possibile ricondurre la figura della casalinga).

Per un secondo orientamento «negativo» (sentenza n. 1851/2021) poiché la formulazione letterale della disposizione non appare del tutto chiara, si dovrebbe escludere in termini assoluti il principio di alternatività nella cura del minore e la scelta del legislatore non consentirebbe di ricondurre la figura della casalinga alla dizione di non lavoratrice dipendente.

Per un terzo orientamento «intermedio» (sentenza n. 6172/2021), la legge non riconosce al padre un diritto proprio, indipendente e parallelo a quello riconosciuto dalla madre alla fruizione dei riposi giornalieri, egli deve provare l'esistenza di concreti impedimenti che si frappongono alla possibilità per la moglie casalinga (e dunque non dipendente, come si ritiene debba essere qualificata) di assicurare le necessarie cure al bambino.

Nel quadro sopra descritto diviene così risolutiva la presa di posizione dell'Adunanza plenaria, chiamata a pronunciarsi su invito della seconda sezione dello stesso Consiglio di stato al fine di dirimere una controversia che ha visto protagonista un dipendente pubblico.

Dopo aver fornito una dettagliata disamina delle disposizioni che regolano l'istituto e dei diversi orientamenti giurisprudenziali formatosi sulla questione, il Collegio ha evidenziato come i permessi orari previsti dagli articoli 39 e 40 del (cosiddetti «riposi per allattamento») non si possono considerare volti a tutelare le sole funzioni biologiche proprie della maternità, ma si estende invero a preservare e favorire tutte le responsabilità genitoriali (incluse quelle del padre).

Con la previsione della lettera c) dell'articolo 40 il legislatore ha inteso disporre la più completa attuazione del diritto del genitore lavoratore dipendente al periodo di riposo di cui all'articolo 39 (riposi giornalieri della madre).

In tal senso la disposizione in esame non consente interpretazione riduttive dell'ambito dei destinatari.

Pertanto affinché il padre possa godere dei periodi di riposo (articolo 40, lettera c), durante il primo anno di vita del bambino occorre solo il duplice presupposto che questi sia un lavoratore dipendente e che la madre non lo sia, null'altro essendo previsto dalla legge.

Un'interpretazione opposta, conclude il Collegio, volta cioè ad escludere dall'applicazione i casi in cui la madre sia casalinga, risulterebbe in contrasto con il testo della legge.

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