Urbanistica

La Lur della Regione Calabria fra Piano strutturale comunale e Regolamento operativo

I PSC non partono e il nuovo RO consente di mantenere il vecchio PRG ai comuni sotto i 5000 abitanti

di Giuseppina Donato e Giuseppe Fera

Una buona legge sulla carta rischia di fallire a causa della incapacità da parte della Regione di gestirla a fronte di una realtà fatta di tantissimi piccoli comuni. Ad oggi pochissimi PSC sono stati approvati e nel 2017 per i comuni minori si è introdotta una procedura semplificata che consente di mantenere il vecchio PRG.

Considerazioni preliminari
La Regione Calabria ha approvato la nuova legge urbanistica in ritardo rispetto ad altre Regioni solo nel 2002. Una volta approvata, la legge è rimasta praticamente nel cassetto fino al 2005, con l'elezione di una nuova giunta di centro sinistra che procedette alla concreta attuazione della legge stessa adottando le prime due importanti misure: la stesura delle Linee guida per la pianificazione regionale e la redazione del Quadro territoriale regionale con valenza paesaggistica, completato nel 2010. L'impianto generale della legge è costruito su quelle precedenti dell'Emilia Romagna e della Toscana e recepisce in sostanza tutti i nuovi contenuti che erano emersi nel dibattito sulla pianificazione urbanistica durante gli anni '90. Essa, dunque, conteneva tutte le principali innovazioni su cui si era articolata la riflessione in quegli anni, a cui più recentemente se ne sono aggiunte altre in un processo di continua revisione e riscrittura.

Oggi la struttura complessiva della legge può essere sintetizzata secondo le seguenti famiglie tematiche:
a) Rapporti fra le istituzioni locali alle diverse scale;
b) Processo decisionale e partecipazione dei cittadini;
c) Centralità dei temi ambientali
d) Introduzione del Piano Strutturale Comunale
e) Principi perequativi
f) Semplificazione

Rapporti fra le istituzioni locali alle diverse scale
Uno dei principi ai quali la legge dichiara esplicitamente di ispirarsi è quello della sussidiarietà e dunque di una nuova visione delle norme che devono improntare i rapporti fra i diversi enti alle diverse scale, regionale, provinciale e comunale. Tali rapporti, precedentemente improntati ad un principio di gerarchia, sono stati ridisegnati e ripensati secondo invece un principio reticolare e di cooperazione fra enti alle diverse scale. La principale innovazione che ciò ha comportato riguarda il processo di adozione ed approvazione degli strumenti urbanistici, regolato dal principio che i piani vengono approvati dallo stesso livello istituzionale che li ha redatti ed in sostanza dallo stesso ente; è venuta finalmente meno l'ormai desueta concezione della separazione fra adozione del piano, di competenza di chi lo aveva redatto, ed approvazione, esclusiva prerogativa del livello regionale, e motivo di infiniti ritardi.

Processo decisionale e partecipazione dei cittadini
Un altro dei principi ispiratori della legge calabrese è rappresentato dalla partecipazione democratica al processo decisionale, per cui alle diverse fasi di concepimento e redazione dei piani sono chiamati a partecipare Regione, province e comuni, ma anche tutti gli altri enti pubblici coinvolti o che abbiano interesse al piano, nonché i cittadini privati, singoli o organizzati in imprese, partiti, sindacati e libere associazioni. Lo strumento principale con cui si struttura questo processo è la Conferenza di pianificazione, che viene convocata dall'ente procedente alla stesura del piano per discutere il cosiddetto Documento preliminare di piano che deve contenere: il Quadro conoscitivo, lo schema generale degli obiettivi del piano e delle scelte che si intendono adottare, il Rapporto preliminare relativo alla Valutazione ambientale strategica. La legge fissa anche i tempi ed i modi con cui deve svilupparsi la Conferenza e prevede ed incentiva, presso gli enti alle diverse scale, la costituzione di Laboratori di progettazione ed Urban center. Tutti i processi partecipativi devono essere adeguatamente dimostrati e certificati.

Centralità dei temi ambientali
La legge urbanistica regionale assegna un ruolo di primaria importanza, all'interno dei diversi livelli di pianificazione, alle tematiche di carattere ambientale ed in particolare al tema della difesa dai terremoti e dal rischio idrogeologico, in considerazione delle particolari caratteristiche geologiche e morfologiche del territorio regionale. Nella definizione degli obiettivi generali assegnati ad ogni livello di piano, il tema della considerazione del rischio sismico ed idrogeologico è sempre ricorrente e possiamo affermare che la Calabria rappresenta una delle regioni che ha meglio strutturalmente integrato le tematiche del rischio all'interno del proprio sistema di pianificazione. Occorre aggiungere che le Linee guida della pianificazione regionale, approvate nel 2008 dedicano un ampio spazio al tema e contengono una sorta di manuale d'istruzione che definisce le diverse componenti del rischio (pericolosità, esposizione e vulnerabilità) e suggerisce una metodologia per la valutazione del rischio stesso e gli indirizzi per le strategie e le misure di controllo e mitigazione.Ovviamente, in conformità alle disposizioni legislative a livello europeo e nazionale, la legge regionale prevede che tutti i piani ed i programmi urbanistici vengano sottoposti a Valutazione ambientale strategica.

Introduzione del Piano Strutturale Comunale
La legge urbanistica, ovviamente, prevede che ogni livello di pianificazione si doti di apposito strumento urbanistico generale. A livello regionale si prevede la redazione del QTR/P (Quadro Territoriale Regionale con valenza paesaggistica), così definito al momento della sua stesura, quando si decise di integrare in un unico strumento i temi territoriali a quello del paesaggio. Per quanto riguarda gli aspetti paesaggistici il Piano fu redatto di concerto con il Ministero dei beni culturali.

A livello provinciale è previsto un Pianto territoriale di coordinamento, in coerenza con le norme a livello nazionale mentre, per quanto attiene la Città metropolitana di Reggio Calabria si prevede che la stessa si doti, oltre che del Piano strategico previsto dalle norme regionali, di un PTCM (Piano territoriale della Città metropolitana). Lo strumento generale di pianificazione comunale è definito Piano Strutturale Comunale (PSC), che può essere redatto anche in forma associata da diversi comuni (PSA). Il Piano Strutturale viene redatto assieme al Regolamento Edilizio ed Urbanistico (REU), che sostituisce in sostanza quello che erano, nella vecchia Legge urbanistica nazionale, le Normative Tecniche di Attuazione ed il Regolamento edilizio. In questo quadro il PSC individua le diverse parti in cui è articolato il territorio comunale (Sistema naturalistico ambientale e Sistema insediativo) e disegna l'assetto generale del territorio stesso, attraverso la definizione del Sistema relazionale (viabilità, reti di trasporto, reti energetiche, ecc..).

Una fondamentale novità è rappresentata dal fatto che il dimensionamento del piano non è più legato alla contingenza dei processi demografici previsti e quindi alla previsione del fabbisogno di abitazioni, infrastrutture e servizi, previsioni che nel passato si sono dimostrate del tutto arbitrarie e sempre sovradimensionate. La legge, infatti prevede che il PSC:
• determina le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;
• definisce i limiti dello sviluppo del territorio comunale in funzione delle sue caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, pedologiche, idraulico-forestali ed ambientali.

In sostanza il "dimensionamento del piano" sparisce, sostituito da una sorta di valutazione della "capacità di carico" del territorio in funzione delle sue caratteristiche ambientali. Il territorio comunale risulta articolato in tre macroaree, Territorio urbanizzato, Territorio urbanizzabile, Territorio agricolo-forestale, a loro volta suddivise in ATU (Ambiti Territoriali Unitari); in tal modo il concetto di organismo unitario, ovvero un qualcosa percepibile con una propria specifica autonomia ed identità, all'interno del territorio comunale, si sostituisce al vecchio e desueto concetto della Zona Territoriale Omogenea.

Principi perequativi
La legge introduce anche il principio della perequazione il cui compito è garantire "l'equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali e va applicata in tutti gli ambiti di pianificazione".

Semplificazione
Qualche anno fa, a seguito della constatazione che soltanto pochissimi comuni avevano proceduto alla stesura di un Piano Strutturale, per le difficoltà in buona misura derivanti dalla complessità delle scelte da compiere in sede tecnica e procedurale, allo scopo di semplificare e snellire tutte le azioni e procedure necessarie perché un comune possa dotarsi di uno strumento urbanistico generale, in tempi brevi e con poche risorse, è stato introdotto lo strumento del Regolamento Operativo. Il significato, le finalità ed il campo di applicazione del RO sono stati fissati dagli artt. 21 e 27 ter. La norma prevede, per tutti i comuni al di sotto della soglia dei 5000 abitanti e dotati di Piano regolatore generale vigente, di poter mantenere l'efficacia normativa dello stesso approvando un Regolamento Operativo, previa verifica dello strumento urbanistico comunale generale vigente in ordine alla compatibilità con le reali condizioni territoriali ed alla sicurezza idrogeomorfologica e di protezione civile e di difesa del suolo, in coerenza con il quadro normativo nazionale e regionale in vigore.

Quanto appena detto ci porta a considerare una delle principali criticità della legge e della sua applicazione nel territorio calabrese dove, come si può notare dalla tabella allegata. Ben 321 comuni su 403 sono sotto la soglia dei 5000 abitanti, quindi presumibilmente non attrezzati tecnicamente ad affrontare da soli la complessità richiesta dalla redazione di un PSC e della relativa VAS. La soluzione originariamente prevista, mediante la redazione di un PSA, che doveva favorire la cooperazione e la messa in comune di risorse e competenze, si è dimostrata, per ataviche e consolidate ragioni di carattere culturale, poco efficace. Né la Regione si è impegnata per porre in campo strumenti adeguati a rendere concreto quel principio di sussidiarietà posto in premessa della legge.

Restano comunque in campo tutti i limiti di un sistema di strumentazione urbanistica a livello comunale, pensato sostanzialmente per governare una fase in cui si guardava soprattutto al governo dei processi di crescita urbana. Oggi, in una fase di decisa contrazione dei processi di espansione ed in presenza di una strategia nazionale ed europea volta al contenimento del consumo di suolo, nel momento in cui l'obiettivo fondamentale dovrebbe essere quello della riqualificazione della città esistente, gli strumenti posti in campo dalla legge e lo stesso PSC si dimostrano manifestamente poco adatti allo scopo.

LA SCHEDA SULLA LEGGE URBANISTICA VIGENTE E I DATI DELLA REGIONE a cura di Giuseppina Donato e Giuseppe Fera

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