Il CommentoAmministratori

Contenzioso tra Stato e Regioni, nuovi scontri dall’autonomia differenziata

È probabile che saranno riversati sulla Corte costituzionale i dubbi sulla riforma già messi in luce dagli studiosi

di Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani

L’attuazione del regionalismo differenziato aumenterà il già abbondante contenzioso tra Stato e Regioni? Dare oggi una risposta è un esercizio divinatorio. Non sappiamo infatti se e come il disegno di legge Calderoli uscirà dall’esame parlamentare, come saranno definiti i famosi Lep, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, quante Regioni vorranno seguire la strada di una maggiore autonomia e quali ulteriori funzioni richiederanno.

Quello che con una certa sicurezza si può predire è che la Corte costituzionale sarà tra i protagonisti di questo processo, in tutte le sue fasi. Si potranno, infatti, scaricare sulla Corte i dubbi, già messi in luce dagli studiosi, sul procedimento previsto dal progetto governativo e in particolare sul ruolo marginale del Parlamento nella predisposizione dei Lep e delle intese con una singola Regione. E all’esame della Corte potrebbero giungere subito anche questioni sulla misura della competenza devoluta. Già in questa fase, è possibile prevedere che l’aumento dei conflitti potrebbe venire dalle Regioni non interessate all’autonomia ulteriore che, come ha notato il costituzionalista Guido Rivosecchi, potrebbero impugnare le leggi di approvazione delle singole intese. Insomma, il conflitto non sarà solo Stato-Regioni ma anche Regione contro Regione.

Quando poi, tra qualche anno, le prime forme di autonomia differenziata si saranno eventualmente realizzate, la Corte costituzionale sarà chiamata a governare le diversità, a tracciare i confini delle competenze statali e regionali non più in modo uniforme, come sinora avvenuto almeno per le Regioni ordinarie, ma alla luce delle singole intese approvate.

Di qui una serie di conseguenze. Gli equilibri faticosamente definiti dalla Corte in un ventennio di giurisprudenza dal 2001 a oggi hanno dato vita a indirizzi consolidati che, se non hanno ridotto il contenzioso Stato-Regioni, quanto meno hanno garantito una certa prevedibilità degli esiti dei giudizi. In sintesi, l’attuale conflitto tra potere centrale e Regioni è quantitativamente alto, qualitativamente invece sono poche le questioni davvero complesse, come quelle relative alle misure per contrastare la pandemia a livello regionale. Tale giurisprudenza sarà messa in discussione sia per le Regioni con nuove competenze sia forse anche per le altre, che difficilmente potrebbero sopportare nel nuovo contesto una prevalenza marcata della legge statale, come avvenuto sinora.

Non solo: la Corte sarà chiamata a interpretare le singole intese e dunque la sua giurisprudenza tenderà necessariamente a divenire “à la carte”, differente Regione per Regione. Insomma, l’impressione è che il lavoro della Corte crescerà soprattutto sul piano qualitativo. Essa finirà probabilmente, come in passato, con l’esercitare una funzione di supplenza, tracciando concretamente gli equilibri tra le aspirazioni a una maggiore autonomia e i vincoli discendenti dai principi di unità della Repubblica e di solidarietà e, dunque, dal dovere di garantire i diritti individuali, dalla salute all’istruzione, in modo omogeneo sul territorio nazionale.

Il tutto, ovviamente, sempre che anche questo disegno di legge non rientri nei cassetti, celebrate le elezioni regionali.